Cosa si può dire del grande Eduardo De Filippo, che non sia stato già detto, ripetuto e ribadito, migliaia di volte?
Viso scarno e malinconico dalle mille espressioni, voce gutturale e afona dall’inconfondibile timbro, occhi penetranti capaci di scavare l’anima, Eduardo nasce a Napoli il 24 Maggio del 1900 ( proprio oggi avrebbe 115 anni ) e lascia un vuoto incolmabile nel suo pubblico, il 31 Ottobre del 1984.
Terzo grande drammaturgo italiano con Goldoni e Pirandello, Eduardo è stato considerato il Moliere del ‘900 per la sua drammaturgia basata su temi e ambienti tipicamente napoletani, grazie alla quale ha ottenuto grande successo all’estero e il riconoscimento della dimensione universale dei suoi testi.
Descrivere Eduardo è davvero un compito arduo e potrebbe non rendere giustizia al Maestro del teatro napoletano, la scelta migliore per onorare la sua memoria, è quella di far parlare lui, riproponendo passaggi di vecchie interviste.
Alla domanda, come si fa il teatro, Eduardo risponde: “Con onestà e con rispetto per quello che si fa, per il Teatro stesso. Personalmente avevo la natura di attore che portava in scena la realtà e la volevo approfondire. Fare il teatro sul serio significa sacrificare una vita. La mia è stata tutta una vita di sacrifici e di gelo! Così si fa il Teatro. Così ho sempre fatto. E questa è onesta. Sono sempre stato onesto. E non solo a Teatro. Lo sforzo disperato che compie l’uomo nel tentativo di dare alla vita un qualsiasi significato è teatro.
Relativo a Napoli Milionaria: “Certi giornali scrissero che denigravo Napoli. Ma io i “bassi” li ho ripuliti. Cosa deve fare un artista se non “denunciare” uno stato di cose? Questa è l’onesta dell’artista. Io non ho denigrato Napoli, la miseria c’era veramente ed io avevo il dovere di denunciarla. Napoli è “un teatro antico, sempre apierto. / Ce nasce gente ca, senza cuncierto, / scenne p’ ’e strate e sape recità”.
Parlando del suo camerino, prima di andare in scena: “Sembra di essere in un luogo sacro e magico. Di solito vengo presto in camerino perché mi devo truccare con calma: ci vuole tempo per essere pronto, il trucco è importante. Certi attori pensano che basti uno sguardo, una mossa del volto o del sopracciglio, uno sbattere delle palpebre. Invece io credo che l’attore deve trasformarsi piano piano, truccandosi lentamente e da solo per diventare un altro e prendere l’aspetto in cui vuole trasformarsi. Cambiando l’aspetto viene naturale cambiare anche qualche tono della voce ed adeguare il gesto al personaggio “.
Concludiamo questo spazio dedicato alla più luminosa stella del teatro napoletano e internazionale, con una delle sue più appassionate citazioni: “Il Teatro è crudele, ma non si tratta di una crudeltà fine a se stessa, è la privazione: solo privato della forza l’attore può agire. Solo stanco, l’attore può recitare bene. Se l’attore non è stanco, meglio che non entri in scena “.