Forte e incisiva l’immagine data dall’Onu.
Se le tragedie e la crescita esponenziale delle vittime aumentano di ora in ora, i telegiornali continuano a parlarne e a inserire in prima pagina le notizie che suonano ripetitive.
E si sa: quando le morti avvengono più o meno nella stessa dinamica, dopo un po’ non sono recepite come la prima volta. Cento o mille o un milione di cadaveri non fanno tanta differenza.
Per questo Avaaz (organizzazione non governativa internazionale, istituita a New York nel 2007), il cui sito web è www.avaaz.org, come per tante altre emergenze umanitarie urlate da qualsiasi angolo del Pianeta, si mobilita chiedendo un contributo, a ognuno secondo le sue possibilità.
Si può donare cliccando qui. Il sito propone: 2 euro per una coperta d’emergenza, 4 per un pasto completo, 10 per acqua, 20 per la stampa di manifesti e 50 per l’affitto di un telefono satellitare attraverso cui i migranti raccontano ai giornalisti le loro storie, direttamente dai barconi.
Ogni vita presente su quei pochi metri quadri di spazio sperduto in mezzo all’acqua, reclama una dignità, dei diritti riconosciuti (primo fra tutti quello alla salute e alla tranquillità della pace) e -riflettiamo!- se veramente qualcuno è disposto a spendere fior di quattrini oltre alla propria esistenza perché c’è l’1% di possibilità di mettere piede oltre quel mare, evidentemente la tragedia della guerra e della fame sono più pesanti rispetto all’eventualità di cadere dal barcone.
Non solo il Mediterraneo è teatro di queste sciagure, ma anche l’Oceano indiano, nell’indifferenza dei governi, che (nella migliore delle ipotesi) accolgono un ristretto numero di ospiti stranieri rispetto alle cifre che approdano sulle coste.
Malesia, Thailandia e Indonesia hanno respinto i Rohingya, un gruppo etnico del sud-est asiatico e del Medio Oriente, costretto a bere le proprie urine per dissetarsi e che sta bussando invano alle porte della Birmania.
Avaaz stila una lista di obiettivi:
“1.Finanzieremo le organizzazioni che ogni giorno salvano le vite di centinaia di profughi in mare.
2. Organizzeremo le imbarcazioni private disposte ad aiutare nelle operazioni di salvataggio.
3. Creeremo un team per fare pressione in Europa e nel Sud-Est Asiatico affinché si facciano partire operazioni mirate di ricerca e salvataggio e si creino più centri di accoglienza.
4. Aiuteremo gruppi locali in Europa e in Asia per dare assistenza ai rifugiati nei centri di accoglienza e nelle comunità locali.
5. Lanceremo una grande campagna di comunicazione per contrastare razzismo e xenofobia.”
Attraverso il link citato in alto, è possibile donare contributi anche maggiori rispetto a quelli proposti da Avaaz.
Che questa voce non sia coperta dal rumore dell’egoismo.