206 anni fa, Gioacchino Murat avviava con la costruzione del Ponte della Sanità, una serie di interventi destinati a modernizzare la città di Napoli.
Fu quello un periodo straordinario per la città partenopea e per tutto il Mezzogiorno, che vide la realizzazione di notevoli opere pubbliche, a firma di architetti quali Giuliano De Fazio, Paoletti, Bartolomeo Grasso e i fratelli Gasse.
Tuttavia, nell’opera di restauro urbano intrapresa, non si sfuggì a dolorose opere di demolizione e a farne le spese furono molti edifici ecclesiastici appartenenti agli ordini religiosi soppressi durante il decennio francese.
Emblematico è il caso dei due piloni del Ponte della Sanità che furono edificati all’interno del chiostro dell’omonima chiesa barocca, capolavoro di fra Nuvolo.
Al generale francese, cognato di Napoleone, si deve, tra l’altro, la fondazione a Napoli del Corpo degli ingegneri di Ponti e strade, origine della Facoltà di Ingegneria-
La costruzione della Reggia di Capodimonte nel 1738 aveva generato un serio problema riguardante l’accesso alla reggia: isolata dal resto della città, non poteva essere raggiunta se non tramite un tortuoso percorso. Tra il centro cittadino e la struttura la distanza in linea d’aria non è lunga, ma tra le due parti sorgeva un ostacolo alquanto ripido e faticoso: la contrada del Casciello, colle dove si ergeva la chiesa di Santa Teresa degli Scalzi.
Fu durante il decennio francese che si capì che bisognava affrontare il problema per creare un collegamento diretto tra Capodimonte e la città. Giuseppe Bonaparte varò la nuova politica infrastrutturale facendo partire i lavori tra il 1806 e il 1807 e fu il suo successore Gioacchino Murat a completare la costruzione di una nuova strada ampia e scorrevole, il corso Napoleone.
Il percorso ad un certo punto si trovava dinanzi all’immenso vallone della Sanità. Era dunque necessario un ponte che scavalcasse il vuoto per proseguire in direzione della reggia che era diventata la residenza del re.
L’idea della nuova strada, chiamata in omaggio a Bonaparte Corso Napoleone, risaliva al 1780 avanzata dal regio ingegnere Ignazio di Nardo, scartata perché troppo costosa fu ripresa dieci anni dopo dall’ingegnere Gaetano Barba ma fu nuovamente accantonata. Trovò attuazione, invece, solo con l’arrivo dei francesi: un dispaccio, datato 21 luglio 1807 a firma del ministro dell’Interno Andrè Miot, incaricava l’architetto Nicola Leandro di elaborare un progetto per il ponte.
I lavori iniziarono il 15 settembre 1807 tra demolizioni, difficoltà di reperimento delle materie e delle risorse economiche. Le ingenti spese furono in parte coperte anche con la vendita dei materiali preziosi, legno e tegole del Convento della Sanità o delle case situate sulla traiettoria. Non mancarono le controversie religiose e gli incidenti gravi con la morte di due operai come si rileva dalla lettura dei rapporti dell’epoca.
Tra i fogli dell’interessante carteggio si legge anche della scandalosa scoperta di un assassino di Maiori tra i travagliatori del Ponte; episodio gravissimo che allertò le autorità costrette ad emanare un’ordinanza con la quale chiunque doveva essere munito di carte di soggiorno per far dimora nella Capitale e suo Circondario.
La costruzione del grandioso ponte a sette archi che collegava il nucleo cittadino più antico al palazzo di Capodimonte attraverso una nuova più agevole via che superava le propaggini di via Toledo e la collina di Santa Teresa, ergendosi al di sopra della Valle della Sanità, aveva generato malcontenti nella popolazione: se da un lato rappresentava un segno di modernità e una struttura utile alla accelerazione dei traffici e degli spostamenti, dall’altro era anche elemento di separazione fra il centro storico e la Sanità. Di fatto il ponte sovrastando il vallone della Sanità contribuì al suo isolamento dal centro.
Nel marzo 1809 il corso Napoleone fu inaugurato e da allora il Ponte della Sanità con la violenza dei suoi piloni, incastrati nel chiostro ovale del Convento della Sanità continua a sovrastare il quartiere di cui porta il nome, e si erge architettonicamente come simbolo del contrasto, pur armonioso, del vecchio e del nuovo.
Dal ponte è possibile vedere la splendida cupola maiolicata della basilica di Santa Maria della Sanità oltre che una bella visuale della Sanità fino a scorgere il Vesuvio.
Come nelle migliori prassi della tradizione napoletana, anche il Ponte della Sanità, subisce il fascino delle leggende.
Si dice che in passato molte persone si siano suicidate gettandosi da quel ponte. La maggior parte delle persone suicide erano giovani ragazze, sedotte ed abbandonate, che decidevano di togliersi la vita perché non riuscivano a sopportare quel dolore.
Si dice inoltre che le inferriate poste davanti al ponte state costruite nel 1880 proprio per evitare il suicidio, divenuto un fenomeno ormai abituale tra le giovani napoletane.
Oggi, durante le notti piovose, si sentirebbero urla e pianti di coloro che si sono suicidati.
Alcune persone dicono di aver sentito chiaramente delle voci e dei rumori provenire dalla strada adiacente al ponte ma di non aver visto nessuno nei paraggi.
Nel 2009, furono spesi circa 80 mila euro per il restauro dell’inferriata, intervento necessario dopo un tentato suicidio avvenuto nello stesso anno.
Forse stavolta la leggenda, proprio leggenda non è.
Non solo emblema del periodo murattiano, il ponte fu anche simbolo di resistenza e di liberazione: durante le quattro giornate di Napoli del 1943 i tedeschi in ritirata, usciti sconfitti dalla rivolta popolare, decisero di minare il ponte per tagliare ogni collegamento da nord con la città, ma il 29 settembre un manipolo di partigiani tra i quali c’era Maddalena Cerasuolo salvò dalla rovina il ponte. Una lapide posta nel 2000 sull’ascensore della Sanità, che dal 1937 lungo il lato sinistro di un pilone permette di scendere nel rione sottostante, ricorda l’eroico gesto.
La targa stradale porta il nuovo toponimo del ponte.