La vita di Aruna Shaunbag si è definitivamente conclusa lo scorso 17 maggio, quando la donna, in coma vegetativo da ben 42 anni, si è spenta, portando via con sé tutte le polemiche che aveva suscitato il suo caso in questi anni.
Infermiera al Mumbai Kem Hospital, nel 1973, alla giovane età di 26 anni, Aruna aveva subito una brutale aggressione a scopo sessuale da parte di un membro dello staff ospedaliero, l’addetto alle pulizie Sohanlal Bharta Valmiki.
L’uomo, durante lo stupro, tentò di soffocarla con un guinzaglio per cani, causandole dei gravissimi danni neurologici che spedirono la donna in coma, stato in cui ha vissuto per i successivi 42 anni.
L’aggressore la fece quasi franca, con una condanna a soli 7 anni di carcere, dopo essere stato denunciato per rapina e tentato omicidio senza menzione della violenza sessuale al fine di salvaguardare l’onore della vittima.
Tuttavia, intorno ad Aruna iniziarono a muoversi in modo solidale tante persone, al fine di farle rendere giustizia e la svolta decisiva si ebbe con la pubblicazione del libro “Aruna’s Story”, della giornalista Pinki Virani.
Lo scritto pose all’attenzione dei mass media e del pubblico la storia della donna: Virani rivelò come erano andati i fatti realmente e reclamò un indennizzo per Aruna, sottolineando il diritto della donna ad essere curata adeguatamente.
Inoltre, Virani finì col presentare il caso alla Corte Suprema di Delhi chiedendo l’autorizzazione a porre fine allo stato vegetativo dell’infermiera, stato che violava il suo diritto ad una vita dignitosa.
Nel 2009 la Corte Suprema affrontò la questione e dispose verifiche che accertarono l’irreversibilità della condizione di Aruna: nel 2011, però, respinse la richiesta di applicarle l’eutanasia.
Ovviamente la questione suscitò un forte scalpore sull’eutanasia, dividendo in due l’opinione pubblica: da un lato c’erano coloro a favore della sentenza emessa, dall’altro quelli che la ritenevano scandalosa.
Per tutti questi anni, comunque, Aruna non è stata tutelata dalle autorità religiose – nonostante fosse specialmente loro interesse occuparsi della faccenda – bensì dai suoi colleghi, che se ne sono amorevolmente presi cura fino alla fine.
Le reazioni alla sua scomparsa sono svariate ma accomunate l’un l’altra da una profonda commozione: incondizionati gli elogi da parte degli amici, che hanno finito col legare l’un altro durante tutto questo tempo.
Questa storia porta via con sé la vita di una giovane donna che ha vissuto ciò che nessuno augurerebbe al suo peggior nemico, ma, allo stesso tempo, ha lasciato qualcosa di importante su questa Terra: l’amore di coloro che fino alla fine hanno sostenuto la donna, l’unica cosa che non svanirà mai.