Napoli si lascia alle spalle uno dei weekend più tragici e sanguinari della sua storia, per effetto di un’autentica strage compiuta da Giulio Murolo, un uomo qualunque, con la passione per le armi e per la caccia, sì, ma che mai prima del pomeriggio di venerdì scorso aveva manifestato segnali o avvisaglie riconducibili alla follia omicida che lo ha indotto ad uccidere il fratello e la cognata, sotto gli occhi di una bambina, per poi mettersi a sparare all’impazzata dal balcone col fucile a pompa che deteneva regolarmente per uso sportivo.
Giulio Murolo, 45enne infermiere dell’ospedale Cardarelli, oltre ai due familiari (Luigi Murolo di 52 anni e la cognata Concetta Uriano di 51 anni), il tenente della Polizia Municipale Francesco Bruner, 45 anni, loro vicino di casa, e un cuoco che passava di lì, deceduto all’interno di un furgone dei carabinieri, mentre tentavano di rianimarlo.
Sei i feriti, uno di questi, un agente della Polizia municipale, Vincenzo Cinque, è ricoverato in gravi condizioni. Gli altri feriti sono due poliziotti, Cristoforo Cozzolino e Umberto De Falco, quest’ultimo in servizio all’Ufficio di prevenzione generale, due carabinieri e un passante. La piccola che avrebbe assistito alla sparatoria, sarebbe la figlia di suo fratello.
Murolo si è consegnato alle forze dell’ordine solo dopo una lunga trattativa durata più di un’ora al telefono con un operatore del 113 che lo ha convinto ad arrendersi.
«Vi prego, non mi sparate», le prime parole dell’assassino appena disarmato dagli agenti che hanno dovuto sottrarlo al linciaggio della folla, inferocita e spaventata, per aver rischiato di morire sotto i colpi sparati all’impazzata dall’uomo.
I testimoni hanno riferito che Murolo sembrava lucido e freddo mentre prendeva la mira per sparare sui passanti. «Aveva un fucile a pallettoni e sembrava un cecchino, un tiratore esperto», dice uno dei sopravvissuti alla sparatoria, Pasquale Piscino, 32 anni, residente nel quartiere Miano, è il fioraio che le prime, frammentarie, notizie delle forze dell’ordine, avevano incluso tra le vittime, conosceva Murolo e di lui dice: «Giulio era una persona tranquilla, sempre sulle sue, credo sia stato un raptus».
E un altro ferito solo di striscio sulla fronte, Michele Varriale, spiega: «Quell’uomo sparava a ripetizione».
Il fioraio è ancora sotto choc. Racconta la corsa disperata, 30-40 metri, verso la vicina caserma dei carabinieri, mentre sentiva i colpi di fucile. “Un carabiniere mi ha fatto da scudo mentre entravo, poi ci si siamo chiusi in caserma, mentre la sparatoria continuava”.
Tutti i testimoni concordano sulla durata della sparatoria, 1 ora e mezzo circa.
Non ricorda ancora quanto accaduto nel tragico pomeriggio di venerdì, ma Murolo chiede perdono: ai suoi familiari, a quelli delle altre vittime.
Questo lo sfogo del “cecchino di Secondigliano”, consegnato al suo legale, l’avvocato Carlo Bianco, che sabato lo ha assistito per l’interrogatorio in carcere da parte del pm. Murolo si è avvalso della facoltà di non rispondere alle domande del pm. Al suo legale ha ribadito la richiesta di perdono (“a mia madre, ai miei nipoti, alle altre persone”) ed ha cominciato a raccontare la sua versione sui rapporti conflittuali nei confronti del fratello, vicino di casa, sostenendo di essere stato costretto “a subire da una vita”.
I rapporti di Murolo, celibe, con il fratello e la cognata – che vivevano nell’appartamento accanto – erano tesi da tempo. I vicini raccontano di dissapori e ruggini antiche.
L’infermiere, sempre parlando con il legale, avrebbe sostenuto anche di essere stato aggredito con un coltello dal fratello Luigi.
Oltre alle armi detenute legalmente, l’infermiere possedeva anche un fucile mitragliatore Kalashnikov – con matricola abrasa – e due machete. Il fucile mitragliatore e i machete erano nella camera da letto. Ragion per cui, Murolo dovrà rispondere anche di detenzione illegale di arma e ricettazione.
Un uomo introverso, ma che non ha mai palesato segni di squilibrio. Così Murolo viene descritto da chi lo conosceva, il questore Marino conferma che l’uomo non soffre di patologie psichiche.
Dei sei feriti è in gravi condizioni solo un agente della polizia municipale che stava fermando il traffico, per difendere i passanti dal fuoco dei proiettili: Murolo lo ha colpito con precisione da cacciatore, alla gola, e l’uomo è ora ricoverato in rianimazione con prognosi riservata.
Gli spari iniziano poco dopo le 15: i testimoni raccontano di detonazioni ripetute, “sembrava che stessero girando una fiction”. I negozianti abbassano le saracinesche, chi vive in zona chiama parenti e amici per avvertirli di non passare per via Miano. Murolo ad un certo punto chiama il 113, “sono quello del macello di Miano”. L’operatore lo mantiene al telefono, per 40 interminabili minuti, e alla fine lo convince ad arrendersi senza opporre resistenza. L’uomo si consegna ed esce dal palazzo della strage, mentre poliziotti e carabinieri lo proteggono dalla furia di decine di persone radunate in strada. Agli uomini in divisa non dice una parola. Freddo, silenzioso come quando ha preso la mira contro uomini e donne, come in un uno dei suoi amati tiri a segno.
C’è ancora e tuttora il terrore sui volti dei testimoni della tragica sparatoria. Giovanni, il titolare di una spaghetteria che si trova proprio di fronte al civico 41 di via Miano, racconta che Giulio Murolo, l’infermiere che ha sparato all’impazzata in casa e dal balcone, ha esploso colpi, prima da una pistola, poi da un fucile per circa un’ora e mezza. Giovanni parla del giovane ucciso mentre stava transitando in scooter e del vigile urbano colpito. ”Mi sono barricato nel negozio, insieme con mia moglie e le mie figlie”. Murolo, quando è stato portato via dalla polizia su una volante, dopo essere stato bloccato, ”era freddo, di ghiaccio”. Sul muro accanto alla spaghetteria ci sono ancora i segni dei proiettili. Quello attuato da Murolo è stato un vero e proprio tiro al bersaglio. Luigi Mele, proprietario di un negozio di ortopedia, parla di ”una sequenza di colpi violentissima. Erano le 15.15 quando abbiamo sentito le detonazioni. Tante, almeno una quindicina. Inizialmente ho pensato che potesse essere una fiction perché ieri a poche decine di metri da qui hanno girato un episodio della serie Gomorra. Poi ho visto un ragazzo sul motorino, riverso a terra, e l’uomo armato di fucile che entrava e usciva dal balcone della sua abitazione sparando all’impazzata”.
Momenti di fortissima tensione, di paura. Il titolare di un negozio di fronte alla casa da dove l’infermiere ha sparato all’impazzata, ha visto il fratello di Murolo gridargli dalla strada: ”che stai facendo?’‘ ma, di tutta risposta, l’infermiere lo ha ucciso. Portinaio, ho cercato aiutare soccorritori – ‘Marescià, marescià, hanno sparato a ‘u collega vuost”. Salvatore Cella, 49 anni, portinaio, richiamato anch’egli come tanti dal trambusto e dalla concitazione legati alla sparatoria di Secondigliano, viene scambiato per sottufficiale dei carabinieri da una donna che urla la sua angoscia. ”Stavo rincasando – racconta – quando ho sentito sirene della polizia e dei carabinieri e ho visto tanta gente. Mi sono diretto verso la zona degli spari e, improvvisamente, ho visto la donna correre verso di me urlando. Mi ha preso per un carabiniere in borghese e ha chiesto l’intervento immediato”. In realtà i soccorsi erano in corso pur nella concitazione del momento. Salvatore, in ogni caso, si è subito avvicinato alla casa e ha cercato di dare una mano in qualche modo: ad un poliziotto che aveva soccorso il carabiniere, ferito ad un braccio, ha offerto il suo telefonino per ulteriori chiamate di emergenza. Nel frattempo, spiega, alcuni ragazzi su un motorino – uno dei quali si è tolto la maglietta per tamponare la ferita – hanno preso a bordo il ferito e lo hanno portato in ospedale. Blindato CC ha protetto feriti in strada – Per proteggere le persone rimaste ferite in strada dai colpi sparati da Giulio Murolo è stato fatto intervenire un blindato del Reggimento Campania dei Carabinieri che si è frapposto tra l’assassino barricato nell’abitazione e le persone già colpite dai suoi proiettili. Secondo una prima ricostruzione, l’uomo – che è celibe – avrebbe sparato prima alla cognata e poi al fratello. Uditi i colpi è poi intervenuto il capitano della Polizia Locale, loro vicino di casa, al quale Murolo ha sparato, uccidendolo. Non si esclude che l’uomo abbia usato più di un’arma. Le attività investigative stanno andando avanti in collaborazione tra Polizia di Stato e militari dell’Arma. Hanno sparato anche le forze dell’ordine ieri a Napoli per rispondere alla furia di Giulio Murolo che dal balcone della propria abitazione ha aperto il fuoco contro i passanti. L’hanno confermato fonti delle forze dell’ordine. Più di dieci i colpi esplosi all’indirizzo di Murolo per costringerlo a sospendere la sparatoria.
terrà domani alle 10.30 nel carcere di Poggioreale l’interrogatorio di garanzia e l’ udienza di convalida dell’arresto di Giulio Murolo, l’autore della strage nel quartiere di Miano. L’avvocato Carlo Bianco, legale di Murolo, anticipa che chiederà una perizia psichiatrica. “E’indispensabile verificare la sua partecipazione cosciente o semi-cosciente – dice all’ANSA – io ho incontrato un uomo sconvolto, terrorizzato, che ha rimosso l’ accaduto”.