In questi momenti si riscontrano le differenze generazionali, quei sentimenti contrastanti che faranno vivere al lettore di questo articolo delle emozioni diverse a seconda dell’età anagrafica: in chi è più avanti negli anni, riaffiorerà sicuramente una nostalgia dei tempi passati (quando i nonni raccontavano ai nipotini ciò che a loro volta avevano ascoltato narrare dai propri nonni), mentre curiosità e probabilmente interesse saranno le sensazioni provate dai più giovani.
“Aliuvaro”: vi dice niente questo termine?
Si tratta del venditore di olive dell’Ottocento.
Oggi il fai-da-te ci permette di correre, di risolvere da noi i nostri problemi nel minor tempo possibile, attraverso sacchetto e guantino di plastica per scegliere verdura e frutta nei supermercati, la “cassa-amica” che ci improvvisa tutti cassieri, i prodotti surgelati e pronti in pochi minuti per chi non ha voglia di pulire il pesce o di tagliare le patate per poi friggerle…
E così perdiamo il contatto umano, quell’esperienza genuina che ti faceva scambiare due parole con i passanti per avere le indicazioni corrette sulla strada da percorrere, o con l'”acquaiolo” che vendeva l’acqua zurfegna, o appunto con l’olivaio.
Dapprima provvisto solo di olive bianche e nere e in seguito anche di alici, capperi, lupini, peperoni e altre tipologie di olive, trasportava queste prelibatezze in un secchio o in un recipiente posto sopra il capo e chiamato “cupiello”.
Andava in giro per le strade cercando di attirare quanti più clienti possibile e disponeva le olive in un contenitore di forma cilindrica (il “mesuriello”), che fungeva anche da indicatore di quantità e quindi di prezzo.
Il mestolo bucato di cui si serviva per riempirlo era detto “ramaiuolo”.
Una figura vagamente simile si trova ancora in qualche mercato del sud Italia, ma è difficile riascoltare le canzoncine in dialetto napoletano tipiche di questo antico personaggio…