“Le stragi? Provenzano disse che furono una rovina”. A rivelarlo è il pentito di mafia Stefano Lo Verso, deponendo al processo d’appello a carico del generale Mario Mori e del colonnello Mauro Obinu, accusati di favoreggiamento aggravato a Cosa nostra per la mancata cattura del boss Provenzano nel ’95.
L’ex reggente della famiglia di Ficarazzi (Pa) dovrà riferire in base a quanto scritto nella memoria dei Pg “sui suoi rapporti con Provenzano Bernardo e sulle confidenze ricevute dallo stesso in ordine ai rapporti fra questi e pezzi deviati delle Istituzioni”.
“Provenzano in più occasioni mi ha parlato di rapporti con la politica e le istituzioni – aveva verbalizzato Lo Verso qualche anno fa –. Ciò accadde per la prima volta nel gennaio del 2004. In quel periodo Provenzano mi rivelò la sua identità confermando a tal proposito i sospetti che io avevo già nel mio intimo cominciato a nutrire”.
Lo Verso ha così riferito in merito alle coperture politiche di cui gli aveva parlato lo stesso capomafia corleonese: “Provenzano mi disse che c’era Cuffaro che doveva mantenere gli impegni. Fu Mandalà a dirmi nel 2003 che Provenzano aveva certe coperture politiche. Mandalà mi disse: “abbiamo nelle mani Marcello Dell’Utri e Renato Schifani”. In merito alle stragi Provenzano gli avrebbe detto che erano “una rovina”.
“Disse – ha aggiunto – che erano in cinque a sapere la verità: lui, Lima, Andreotti, Ciancimino e Riina”. Secondo le dichiarazioni del pentito, Riina avrebbe detto a Provenzano : “Io non mi posso mettere contro Andreotti che mi ha garantito la latitanza”. Provenzano avrebbe poi raccontato a Lo Verso anche altre cose: “Mi disse che dopo le stragi, Marcello dell’Utri si mise in contatto con i suoi uomini e che fu lui a dare l’ordine di votare Forza Italia”.
Durante la deposizione il collaboratore di giustizia ha anche parlato del “ministro sardo” che avrebbe avvisato Cuffaro delle indagini su Provenzano e che “se l’era fatta franca”. Il riferimento è ovviamente all’ex capo del Viminale Giuseppe Pisanu.
Poi ha anche parlato del suo rapporto in carcere con l’ingegner Aiello riferendo alla corte che “potrebbe collaborare con la giustizia ma non ha il coraggio”. Rispondendo alle domande del Pg Patronaggio ha anche detto di aver conosciuto Sergio Flamia nel 2004. “Venni a sapere che già nel 2000 questo voleva farsi una sorta di collaborazione segreta, ma non so se l’ha fatta. Mi è stato fatto capire che era una cosa segreta”.
“Io volevo parlare solo con il pm Di Matteo, perché era la persona più temuta dalla mafia villabatese e bagherese. Io avevo paura di parlare con altri, diffidavo di tutti, dai magistrati ai carabinieri. Avevo paura. Non è un caso che Bernardo Provenzano è rimasto libero così a lungo, non sono stato certo io bravo a garantire la sua latitanza…”. Lo conferma il pentito di mafia Stefano Lo Verso.
Lo Verso depone nascosto dietro un paravento sanitario per non essere visto. Il pentito collabora dal 2011. “Ma già nel 2005 volevo iniziare a collaborare, però avevo paura per la mia famiglia – spiega oggi – Se avessi iniziato a collaborare nel 2005, Provenzano sarebbe stato arrestato già quell’anno, non nel 2006. Sapevo che era a Corleone, anche se non conoscevo il punto preciso in cui stava e conoscevo la strada per arrivarci”.