Siamo la generazione dei selfie, di Photoshop e degli scatti compulsivi che in maniera tanto spontanea quanto opinabile, consentono al desiderio di apparire di sfociare e degenerare nell’ostentazione.
“La fotografia” intesa come ritratto che immortala l’emozione di un attimo, inevitabilmente, ne esce con le ossa rotte.
Gli occhi accecati dal livore figlio di questa “nuova concezione della foto”, quantomeno, risultano incapaci di percepire le sfumature che diversificano lo scatto generato da una mano esperta da quello improvvisato da una mano che si autoproclama “professionista e professionale”.
Sfumature impercettibili, eppur esistenti e sono proprio quelle che concorrono a “fare la differenza”.
Le mani di Luca Rizzo appartengono senz’altro alla prima categoria di fotografi e i suoi lavori lo comprovano in maniera più che attendibile.
Nella fattispecie, Luca personifica una corrente di pensiero non al passo con le sfrontate mode dettate dalle spocchiose e pompose circostanze che puntualmente troneggiano allorquando c’è da “mettersi in mostra”, ergendosi a talento munito della sicura, ferma e coraggiosa forza necessaria per non svilire il suo credo, ma imporlo, sempre e comunque, a prescindere da “quello che accade altrove”.
Un credo che impone discrezione, zelo ed eleganza e che esige un delicato e mai invadente o invasivo approccio nel raccontare ed immortalare le emozioni.
Nel giorno del fatidico sì, ad esempio, secondo Luca, non deve essere il fotografo a dettare i tempi alle emozioni, oltre che ai passi, alla mimica e alle movenze, né verbalmente né fisicamente. È piuttosto il fotografo a costeggiare gli attimi che scandiscono quel giorno, tanto atteso e sognato, carpendo spontaneità, sensazioni, suggestioni, durante la loro naturale evoluzione.
Immortalare quell’attimo senza depauperarlo dell’emozione che racconta è il modo più sincero e lungimirante di rendere “eterno” quel momento e scattare “una bella foto”.
Di riflesso, un album di foto, personifica un susseguirsi di emozioni che, attimo dopo attimo, scatto dopo scatto, consegnano, ricostruiscono e conferiscono eternità a ricordi indelebili che, attraverso quelle fotografie, potranno rivivere in tutta la loro naturale autenticità, tutte le volte che verranno sfogliati.
Sia chiaro, la foto in posa non deve essere affatto discriminata, perché nel desiderio di apparire non vi è nulla di peccaminoso o malsano, ma nel credo di Luca, assume un’altresì diversa accezione di senso: è il soggetto che detta le soluzioni più consone al suo carattere e alla sua fisicità, per risaltarli senza sbeffeggiarli e raccontare sé stessi senza nascondersi dietro un velo di falsata realtà, mentre, la location diventa una cornice che deve accompagnare e completare la scena, senza rubare l’attenzione ai protagonisti degli scatti.
Non occorre avvalersi di paesaggi mozzafiato e di effetti speciali artificiosi per confezionare una bella fotografia.
“Un semplice” prato vestito di fiori, ma anche il sommesso folklore dei vicoli dei quartieri o una vecchia stazione abbandonata, attraverso l’obiettivo di Luca, sanno consegnare quelle “sfumature” che sanciscono la differenza tra “una fotografia” e “la fotografia”.