Le calamità naturali, come i sisma, le eruzioni vulcaniche e gli tsunami, sono tragedie purtroppo non prevedibili e meno che mai prevenibili.
Quando la natura decide di farsi sentire in tutta la sua potenza, c’è ben poco che l’uomo possa fare prima e durante. Lo stesso non si può dire per il dopo, dove l’essere umano può e DEVE fare molto per ricostruire e portare in salvo quello che resta della popolazione colpita da un cataclisma.
Questo è il caso del Nepal.
La situazione a tutt’oggi nel Nepal, è stata paragonata all’epoca del Medioevo, dove tutto c’è, all’infuori di tutto. Un paese distrutto e devastato dal sisma che da sabato mattina 2 Maggio (alle 8 circa ora italiana) semina morte e distruzione.
Gli ospedali della città sono al collasso e la popolazione trascorre le notti all’aperto. Il Primo Ministro Bamdev Gautam ha dichiarato lo stato di emergenza e chiesto aiuti umanitari ai paesi limitrofi e alla comunità internazionale.
Si scava ancora tra le macerie, alla ricerca di qualche sopravvissuto, ma le speranze si fanno di ora in ora più sottili. Servono aiuti, tanti, per la popolazione. Intere città sono state rase al suolo dalle numerose scosse, tutto è da ricostruire, e laddove è possibile, recuperare il recuperabile.
Sono circa otto milioni le persone in difficoltà e due milioni di queste (soprattutto quelle che vivono nei villaggi più sperduti) necessitano di acqua, cibo, cure mediche e tende per almeno i prossimi tre mesi.
Un istituto elementare di Katmandu sta fungendo da centro di raccolta degli aiuti umanitari da destinare alla popolazione nepalese colpita dal terremoto di una settimana fa. A coordinare l’azione è un Centro internazionale che si occupa di infanzia e di sviluppo ambientale, che ha scritto ai genitori degli alunni per chiedere la loro collaborazione e possibili donazioni di generi di prima necessità.
Ma questo non basta.
Aiutare il Nepal ad aiutare il Nepal, diventa fattore imprescindibile per ogni essere umano, indipendentemente dal luogo sulla terra, in cui vive.
Svariate associazioni umanitarie, locali ed internazionali, si sono attivate per mandare aiuti e fondi necessari, per ridare speranza alla popolazione del Nepal. Tra le tante Freundeskreis Nepalhilfe eV, Medici senza frontiere e Save the children, sono quelle riconosciute per la loro serietà e professionalità in tutto il mondo, ma all’interno del paese stesso, ci sono piccole organizzazioni locali, presenti proprio nei luoghi in cui si ha più bisogno di aiuto.
Abari, come tante altre organizzazioni locali, è impegnata da anni nel portare cisterne per l’acqua e sostegno per le abitazioni, e nel dare supporto logistico agli operatori umanitari che devono muoversi nelle aree più sperdute evitando la corruzione delle istituzioni. Inoltre possono ricevere aiuti internazionali diretti, e questo è fondamentale per evitare intermediari.
Le grandi organizzazioni umanitarie internazionali usano i canali ufficiali per mobilitare in fretta risorse e personale contro l’emergenza, mentre i gruppi locali devono improvvisare per far fronte alle necessità oltre tale emergenza. Aiutarli direttamente è più rischioso e complicato, ma si può avere un impatto enorme.
Il team di Avaaz, che non delude mai le aspettative di quanti cercano sostegno e collaborazione per affrontare le crisi in atto, stavolta ha abbracciato proprio la causa dell’organizzazione Abari, che considera una delle più efficaci perchè esistente in Nepal, già prima del sisma:
” Per gli esperti di aiuti umanitari, Abari è una delle organizzazioni che già prima del terremoto faceva il lavoro più efficace: oggi è diventata la più grande speranza per aiutare il prima possibile questi villaggi. Perché semplicemente sono la sua casa. La ricostruzione sarà lunga e difficile. Ed è per questo che dobbiamo dare fondi e strumenti a chi su quel territorio vivrà e lavorerà per i prossimi anni, anche quando la comunità internazionale, dopo l’emergenza, se ne sarà andata. ”