Le storie di immigrazione, se confrontate tra loro, spesso mostrano tanti aspetti in comune. E’ il caso di due giovani donne sudamericane, Mitzy, 31 anni del Perù e Myriam, 27 anni dell’Ecuador.
Entrambe arrivano in Italia giovanissime, costrette ad andare via dal loro Paese d’origine a causa della situazione economica precaria della loro famiglia. Le accomuna la mancanza di alternative tra cui scegliere per dare un futuro e delle certezze ai loro bambini ancora piccoli e decidono di affidarli alle cure dei loro mariti e nonni perchè non possono portarli in Italia.
Sia Mitzy che Myriam raccontano, una volta giunte in Italia, di una realtà difficile in cui integrarsi. La lingua nuova da imparare, il lavoro da trovare e da tenersi strette nonostante turni estenuanti e compensi bassi.
Mitzy descrive come difficoltosa anche la ricerca di una casa con un regolare contratto di affitto perchè “gli italiani non vogliono affittare la casa agli stranieri perchè temono di non essere pagati”, ma lei ha bisogno di dimostrare con l’opportuna documentazione che vive stabilmente in una casa per poter avere il nulla osta al ricongiungimento familiare che le permetterà di poter far venire in Italia anche sua figlia Andrea e suo marito.
Non solo: Mitzy deve scontrarsi con i tempi lunghissimi della burocrazia – non solo di quella italiana, per la verità- quindi se entro sei mesi da quando ha consegnato tutte “le carte” non riceve una risposta, deve ricominciare tutto l’iter daccapo.
Talvolta Mitzy si lascia prendere dallo sconforto e dice che se avesse immaginato tempi tanto lunghi lontano dalla sua famiglia, senza poter vedere crescere sua figlia, non avrebbe fatto questa scelta.
Ripensa a tutto ciò che si sta perdendo: i progressi a scuola delle sua bambina, la sua crescita e la sua trasformazione fisica ma soprattutto si domanda come sarà recuperare quasi da zero il suo rapporto con lei…
Poi però scaccia via i brutti pensieri, sorride e dice a se stessa: “Ce la farò!”
La straordinaria forza di alcune donne come Mitzy che magari altre non hanno: Myriam per esempio spesso si ritrova a piangere per telefono mentre parla con il suo bimbo di 9 anni che le chiede: “Mamma, quando torni?” , salvo poi essere lui stesso a consolarla e a dirle che non importa se riuscirà a farlo arrivare in Italia con il papà o sarà lei a ritornare in Ecuador, purchè stiano tutti insieme come prima.
Myriam oltre al pensiero di suo figlio, costretto a crescere velocemente e a dover fare quasi tutto da solo, è anche in ansia per la salute di sua madre che non ha più la forma fisica di un tempo.
Il marito di Myriam la rassicura, raccontandole che il loro bimbo è uno dei primi della classe, che si prepara i vestiti per andare a scuola e talvolta cucina anche da solo. Inoltre le dice di tornare lì nel suo Paese perchè la situazione economica della loro famiglia è migliorata attualmente. Già, attualmente… Poi la settimana successiva, sempre telefonicamente, Myriam apprende che il marito un lavoro non ce l’ha più e quindi sa che non ha scelta: restare in Italia ancora un po’, nonostante il lavoro sottopagato e alcune persone che la trattano con cattiveria perchè diversa in quanto straniera.
Storie come quella di Mitzy e Myriam fanno riflettere su quanto spesso si dia per scontata la possibilità di poter scegliere cosa fare del proprio futuro, mentre tante persone che “scelgono” di venire in Italia sono mosse solo dalla speranza di potersene costruire uno che sia dignitoso per sè e soprattutto per le persone che amano.