Ho 16 anni, quasi 17 per la precisione. Vivo a Napoli, ma tutti i giorni mi sposto in periferia, è lì che lavoro.
Sono un apprendista meccanico, “faccio il giovane”, come si dice da queste parti. Affianco il mio datore di lavoro per imparare il mestiere. Come si faceva un tempo, quando studiare era un lusso per pochi.
Non posso dire che rinunciare agli studi sia stata una scelta imposta dalle circostanze, perché mentirei e mancherei di rispetto ai miei genitori che per farmi studiare sarebbero stati disposti ad accollarsi anni ed anni di sacrifici. La colpa è mia, soltanto mia, che non ho avuto o non ho voluto avere “la testa” di mettermi sui libri.
Ero svogliato, come lo sono tutti i ragazzi, tutti i bambini, quando si tratta di studiare, ho sempre avuto una grande passione per i motori e questa strada mi sembrava la soluzione più ovvia e facile. Sicuramente, la più “corta”.
Non sempre la scorciatoia è la strada migliore da scegliere per arrivare al traguardo.
Questo lo sto capendo con il tempo.
Con il tempo ho imparato a capire anche cosa intendeva dire mia madre quando diceva: “Se ti piacciono i motori, perché non diventi ingegnere?”
Anche se non gliel’ho mai detto, quella frase mi ritorna in mente tutte le volte che mi ritrovo davanti qualche ragazzo della mia età, ben vestito e con lo zaino che porta ad aggiustare il motorino in officina. Magari ridono perché sbaglio qualche verbo ed è come se “condannassero” la mia ignoranza. E io mi vergogno. Allo stesso modo, mi vergogno, quando devo mandare un messaggio a una ragazza che mi piace e non so mai se l’ho scritto correttamente o se da qualche parte c’è qualche errore che può farla ridere di me, della mia ignoranza.
Per qualche tempo ho anche provato ad andare alla scuola serale, ma da quando si è fuso il motore del mio motorino, sono costretto ad andare a lavorare spostandomi con i mezzi pubblici.
Prima il pullman, poi la circumvesuviana, all’andata. Prima la circumvesuviana, poi il pullman al ritorno.
Sarò arrivato puntuale alla lezione forse un paio di volte. Pure perché, una volta tornato a casa, posso mai andare a scuola con le mani sporche di grasso? E tra l’interminabile attesa accanto alla fermata dell’autobus e il tempo che impiego per fare una doccia ed andare a scuola, rischio di arrivare quando stanno per salutarsi!
La verità è che puoi studiare e lavorare, ma non lavorare e poi studiare.
Lo studio, se deve essere preso sul serio, deve venire prima di tutto.
Diversamente, non puoi prefissarti di portarlo avanti come un impegno a tempo perso.
I laureati che stanno a spasso, forse, rideranno di queste mie parole, ma forse non si rendono conto di quanto sono fortunati e di quanto è prezioso “il tesoro” di cui dispongono.
Io sono un apprendista meccanico, ma sono costretto a spostarmi a piedi, perché non ho abbastanza soldi per comprare un motore nuovo per il mio motorino e, a fronte dei 20 euro a settimana che guadagno, penso che difficilmente potrò permettermelo.
Forse, se diventavo ingegnere come voleva mia madre, il motore lo potevo costruire con le mie mani, magari ricavando i pezzi da altre cose e non sprecherei tanto tempo della mia vita per spostarmi da una parte all’altra della città.
Avrei più tempo per me, per la mia famiglia. Più tempo da dedicare alle cose che mi piacciono e che mi fanno stare bene. Sarei meno stanco e più felice.
Che cos’è il lavoro?
Un sogno.