Nel panorama della pittura contemporanea napoletana, ricco di nuovi talenti, una delle personalità più promettenti è sicuramente Flora Palumbo.
L’opera pittorica di Flora Palumbo è caratterizzata da uno specialissimo connubio tra forma e colore, un sodalizio che va al di là della semplice rappresentazione: le forme nascono dal colore prima ancora di essere messe su tela, come se dal tubo di acrilico uscisse la forma già definita e il colore, caldo, prepotente, sembra destinato a quella forma senza possibilità di errore, quella e proprio quella forma, è il colore che la rappresenta, un’unione inscindibile, scritta nel libro del destino.
Napoletana di nascita, Flora Palumbo non potrebbe appartenere a nessun’altra terra, se non a quella partenopea, il suo legame con Napoli, è viscerale, intenso e indissolubile. Nella sua produzione artistica, la molteplice presenza di Vesuvi, monumenti, sole e mare, ne determinano l’attaccamento e il disinteressato amore.
Sono andata a trovarla nella sua fucina dell’arte, posizionata al centro storico. Il suo studio, dove mi ha riservato un’accoglienza davvero ammirevole, è un’esplosione di vivacità e colore, ovunque regnano sovrani, pennelli, tubi di acrilico e olio, tavolozze, tele e cavalletti di varie grandezze. Sin dal primo impatto, si ha l’impressione di essere catapultati in un bazar tahitiano che ricorda l’atmosfera delle tele di Gauguin. Su una parete, una grande e luminosa finestra dalla quale si può ammirare lo spettacolo mozzafiato del Golfo di Napoli, e immancabile, uno scorcio del Vesuvio. L’atmosfera che si respira è notevolmente allegra e festosa, resa ancora più piacevole dalla musica in sottofondo, dalla quale Flora Palumbo si lascia ispirare quando dipinge.
Dopo il primo caffè, atto dovuto per una napoletana DOC, eravamo passate a darci del tu e Flora ha accolto le mie domande con il timido sorriso di chi per natura, è riservata e poco avvezza alle luci della ribalta:
Come è approdata alla pittura Flora Palunbo?
La pittura è sempre stata la mia passione, ma gli studi mi hanno portato in una direzione diversa…..quella della grafica. Inizialmente mi sono dedicata alla creazione di brochure, loghi, cover per cd, ma col passare degli anni, la passione per la pittura è tornata prepotente ed ha preso il sopravvento. Ho iniziato a dipingere pur non avendo le basi per le varie tecniche, ma poi con la pratica, l’esperienza e la curiosità ho iniziato ad avere discreti risultati. Ho usato, ed uso, sia colori ad olio che acrilici. Con gli acrilici, essendo colori ad acqua, si possono realizzare dipinti più velocemente, mentre con i colori ad olio, che prediligo, ottengo a mio parere, risultati più soddisfacenti.
La tua formazione artistica al Filippo Palizzi, quanto ha influito sulla tua vita e sulla tua arte?
Come dicevo prima, al Palizzi mi sono diplomata in ‘Arti Grafiche’ perché non trovai un posto libero per iscrivermi alla sezione ‘pittura’, per cui mi dovetti adattare. La cosa non fu tanto traumatica perché mi piaceva tutto ciò che riguardasse l’arte, anzi mi consolai pensando che avrei trovato lavoro più facilmente avendo quel tipo di qualifica. Infatti ho lavorato molto in quel campo. Pur non abbandonando la grafica, ho iniziato a dipingere sulle tele e cartoncini, usando varie tecniche. Per cui la grafica mi è servita per iniziare la prima fase lavorativa, mentre con il tempo coltivando la passione per la pittura ho realizzando il mio vecchio sogno.
Come definiresti il tuo stile?
I miei dipinti hanno una forte identità cromatica, e per questo li ritengo molto moderni. Ho iniziato dipingendo vesuvi, animali marini e ultimamente mi sono dedicata molto alle figure. Ultimamente il mio interesse è per un tipo di pittura essenziale, ad esempio come quella di Hopper.
Se e quale artista del passato influenza il tuo stile?
Se non proprio lo stile, forse per come utilizzo i colori, potrei dire di essermi ispirata a Chagall, Gauguin, Van Gogh e Otto Dix.
Che rapporto hai con il colore?
Potrei dire di non avere nessun rapporto, in quanto il colore fa parte di me perché io penso a colori!
Parlando delle tue opere, Migranti e Donne al molo, hanno delle tematiche molto diverse dal resto della produzione, cosa ti ha spinta a crearle?
Come dicevo prima, io vedo il mondo a colori, ma ci sono cose al mondo che di colore non hanno proprio nulla. Ho voluto rappresentare la drammatica condizione di una parte dell’umanità, ritenendo che il compito di ogni persona giusta e in particolar modo degli artisti, sia quello di operare per sensibilizzare le coscienze al fine di eliminare tali ingiustizie.
Se dovesse metterti nei panni di un critico d’arte, come descriveresti queste due opere?
Per quanto riguarda i ‘Migranti’ nei loro volti ho cercato di far apparire il dramma che vivono questi uomini che lasciano un passato terribile e vanno incontro a un futuro sconosciuto.
Per le ‘Donne al molo’ ho cercato di raccontare il dramma che vive una donna per la perdita del proprio figlio, che è eterno come così mirabilmente rappresentato da Michelangelo nella sua ‘Pietà’.
Le due opere sono collegate?
Si, l’una segue l’altra e viceversa.
Nel frattempo il sole è calato all’orizzonte e nello studio della nostra pittrice, gli ultimi raggi che attraversano la grande finestra, creano spirali luminose e cromatiche che abbracciano e circondano, il fantastico mondo a colori di Flora Palumbo.