Due killer con il volto coperto, in sella ad uno scooter, esplodono una dozzina di colpi contro un uomo o forse ad impugnare l’arma era un uomo, giunto a piedi sul luogo del delitto, con il volto coperto.
Un’esecuzione, un regolamento di conti, un macabro rituale che incessantemente si ripete lungo le vie della criminalità.
Stavolta è successo a Scafati, nel salernitano, durante un’ordinaria domenica mattina primaverile, alle ore 10,15. Era Scafati da qualche mese. L’uomo sarebbe originario di Napoli e vicino alla malavita locale.
La vittima è Armando Faucitano, 45 anni o forse 36. Le notizie si accavallano e si calpestano. E anche questo è un rituale consolidato che puntualmente si srotola in queste circostanze.
Faucitano è stato freddato mentre era seduto sulla panchina dell’ex piazzetta Genova, in compagnia di un’altra persona che è riuscita a mettersi in salvo.
Così, la passeggiata domenicale della cittadinanza scafatese è stata inaspettatamente intralciata da quella macabra scena di morte.
A due passi dall’ospedale e da un centro commerciale, un corpo, inerme e sanguinante, riverso al suolo, accanto a quella panchina radicata in una piazza dedicata alla memoria di due veri uomini emblema della legalità come Falcone e Borsellino.
La criminalità che denigra ancora il senso di giustizia. Anche quando non sembra avere l’intenzione di farlo.
L’uomo è stato freddato alle 10,15 di stamattina, in una cornice della città colma di persone.
Sul posto giungono i carabinieri ed il medico legale. Anche questo prevede “il rituale”. Il corpo viene coperto dal doveroso lenzuolo bianco e subito scatta “la caccia al testimone”.
Difficile da credere che nessuno abbia assistito alla scena. Ben più utopistico risulta “sperare/ipotizzare” che i presenti, al momento degli spari, non abbiano prontamente bendato gli occhi con un imperturbabile velo d’omertà.
Giovanni Falcone, prima ancora di diventare un nome al quale intitolare una piazza, affermò: “L’importante non è stabilire se uno ha paura o meno, è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa. Altrimenti non è più coraggio, è incoscienza!”
Paolo Borsellino, prima ancora di diventare un nome al quale intitolare una piazza, affermò: “La lotta alla mafia dev’essere innanzitutto un movimento culturale che abitui tutti a sentire la bellezza del fresco profumo della libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità.”