Sradicare un ulivo ai tempi di Aristotele equivaleva quasi ad uccidere un uomo. Sarà questo antico retaggio della Magna Grecia, sarà il cordone ombelicale che lega indissolubilmente gli agricoltori del Sud alla loro terra, ma non stupiscono per niente le immagini provenienti da Lecce e provincia che mostrano persone schierate come scudi umani oppure arrampicate sulle piante di ulivo per impedirne l’abbattimento da parte del Corpo Forestale dello Stato.
La paura che il batterio Xylella fastidiosa possa estendersi alle coltivazioni di altre aree della Puglia è tanta, ma ancora più forte è la determinazione degli agricoltori e della popolazione tutta che ritiene che l’abbattimento in massa degli ulivi secolari non sia la soluzione. O comunque non l’unica.
Attualmente la situazione si è leggermente distesa in quanto il Tar del Lazio ha accolto la richiesta dell’avvocato Manelli che ha presentato ricorso contro il decreto che stabilisce, entro il 30 aprile, l’abbattimento delle numerose specie di alberi considerate ospiti del batterio, anche se si tratta di piante sane.
Quindi, le ruspe della Forestale resteranno ferme fino al 6 maggio.
Il problema però è solo rimandato in quanto diverse cose non tornano nei conti:
il disseccamento rapido degli ulivi potrebbe non essere dovuto a Xylella: è stata documentata negli ulivi pugliesi la presenza di diversi ceppi fungini, tra i quali funghi tracheomicotici, cioè funghi che bloccano il passaggio dei nutrienti ai rami degli alberi. La sola presenza di questi funghi potrebbe quindi giustificare il disseccamento degli ulivi e la Xylella potrebbe essere, al più, una concausa del disseccamento rapido o addirittura potrebbe non avere alcun ruolo causale. A supportare questa tesi, sostenuta dall’Accademia dei Georgofili, c’è anche l’evidenza che ad oggi non è stato individuato l’insetto vettore della malattia e che la Malattia di Pierce (come viene chiamato il disseccamento rapido causato da Xylella) non è mai stata dimostrata nell’area del Mediterraneo e non ha mai colpito gli ulivi, bensì la vite e gli alberi di agrumi.
La patologia che affligge gli ulivi salentini si conosceva già dal 2010 – afferma Adriana Poli Bortone, ex sindaco di Lecce – per cui è automatico domandarsi perché non siano stati presi provvedimenti prima.
Solita genetica mancanza di tempestività italiana nell’affrontare i problemi o c’è dell’altro?
Alcuni affermano che non sia un caso che negli ultimi tempi le multinazionali della chimica in agricoltura si affannino ad organizzare convegni sul problema Xylella, invitando politici locali di diverse aree del Mediterraneo e premiando gli agronomi allineati.
Altri ancora suppongono che ci siano in atto possibili piani per lucrare sui fondi pubblici destinati ai casi di calamità naturale.
Il culmine della dietrologia si raggiunge con il sospetto che l’abbattimento di migliaia di ulivi nel Salento sia funzionale alla costruzione del TAP (Trans-Adriatic Pipeline), il nuovo gasdotto Trans-Adriatico progettato con lo scopo di permettere l’afflusso di gas naturale proveniente dall’area del Mar Caspio in Italia e che dalla frontiera greco-turca dovrebbe approdare in Italia, passando guarda caso proprio nella provincia di Lecce.
Al netto delle incertezze e delle supposizioni circa il caso Xylella in Puglia, di reale e concreto c’è:
il danno all’economia pugliese, si veda l’embargo voluto dal Governo francese da un mese a questa parte su tutti i prodotti agricoli provenienti dalla Puglia e da tutto il Sud Italia.
l’impatto sulla salute degli abitanti del Salento, in particolare sulle frange più suscettibili quali bambini e donne gravide, in seguito alla massiccia azione di irrorazione con pesticidi contro il presunto insetto vettore di Xylella, come sottolineato recentemente dall’ EFSA (European Food Safety Authority)
In ultimo solo per ordine, l’impatto psicologico sugli agricoltori leccesi che si sentono privati di questi alberi secolari che hanno un valore simbolico e affettivo di legame alla terra che coltivano e prima ancora i loro padri e prima ancora i loro nonni.
Intanto il 27 e il 28 aprile è in programma a Bruxelles un’importante riunione del Comitato permanente sulle fitopatologie dalla quale l’Italia si aspetta novità, si spera, positive.