Uno dei grandi meriti di Enrico Caruso è stato quello di promuovere la canzone napoletana nel mondo.
Sebbene alcune tra queste fossero già famose, la sua tendenza fu quella di lanciare componimenti non conosciutissimi, spesso scritti da autori d’oltre oceano. In questo gruppo di canzoni la più famosa resta senza dubbio Core ‘ngrato.
Fu scritta nel 1911 a New York da due emigrati italiani. Proprio come accadde per ‘O sole mio, la cui musica fu composta in Russia, anche Core ‘ngrato nacque lontano da Napoli. Il successo fu clamoroso. In poco tempo diventò un trionfo mondiale. Per gli emigrati italiani in America divenne addirittura una sorta di inno.
La particolarità di questo componimento, sta nella motivazione. Di solito le scritture, ancora oggi, vengono ispirate da episodi personali, e nelle canzoni d’amore in particolare, tra le righe si possono leggere la sofferenza o la gioia dell’autore stesso. Per Core ‘ngrato, invece, l’autore si è ispirato si alla sofferenza di un amore perduto, ma non suo.
Alessandro Sisca, quelle struggenti parole le aveva scritte ispirandosi alle vicende della tormentata storia d’amore di Caruso con Ada Giachetti (prima moglie, anch’essa cantante lirica) finita squallidamente nelle aule di un tribunale. La canzone, fin dal primo verso, era stata scritta per Caruso e fu proprio lui, a farla SUA, in una maniera tale che successivamente, anche i più illustri interpreti che l’hanno inserita nel proprio repertorio, non hanno mai saputo eguagliare.
Alessandro Sisca, calabrese per nascita, ma napoletano per parte materna, emigrò in America giovanissimo. Lì fondò un giornale satirico letterario in lingua italiana che ben presto diventò un punto di riferimento per gli intellettuali e gli artisti italiani emigrati in America: lo stesso Caruso vi pubblicò alcune delle sue caricature. Si contraddistinse soprattutto per le sue battaglie contro le discriminazioni subite dagli immigrati italiani a New York, cosa che gli procurò qualche guaio con la giustizia. Fu per questo arrestato e costretto a pubblicare i suoi articoli con vari pseudonimi. Proprio con uno pseudonimo, quello di Riccardo Cordiferro, firmò il testo di Core ‘ngrato. Lo scrisse, per nostra fortuna, in dialetto napoletano, quello che gli aveva insegnato la mamma.
La musica la scrisse invece il Maestro Salvatore Cardillo, napoletano, anche lui emigrato negli Stati Uniti. Era un compositore di romanze (un tipo di forma operistica) e quando seppe del successo che stava riscuotendo Core ‘ngrato, canzone che aveva scritto quasi per gioco, ebbe ad esternare tutto il suo stupore e disappunto. La definì una porcheria, ben poca cosa al confronto delle sue composizioni liriche che invece erano passate inosservate al grande pubblico. Resta comunque il fatto, che è stato solo grazie ad essa se oggi viene ancora ricordato il suo nome.
La canzone narra dell’amore di un uomo che d’improvviso non viene più corrisposto dalla donna che ama. Il racconto è incentrato attorno alla cruda dichiarazione di lei, Catarì (Caterina). Una dichiarazione che preclude l’imminente separazione della coppia. Incredulo e deluso il poeta si chiede allora il perché di quelle parole così amare?
Catarì, Catarì,
Pecchè me dice sti parole amare,
Pecchè me parle e ‘o core
Me turmiente Catari?
Così, cercando quasi di arginare la situazione, rammenta alla donna di averle dato tutto il suo cuore:
Nun te scurdà ca t’aggio date ‘o core, Catarì
Nun te scurdà!
Ma ciò a nulla gli vale, perché Catarì e indifferente alle sue sofferenze, per lei tutto è finito ormai:
Tutt’ è passato
E nun ‘nce pienze cchiù!
La forza evocativa del testo raggiunge il suo culmine quanto, dopo l’abbandono, il poeta racconta di aver cercato perfino il conforto religioso per lenire la sua disperazione:
Tu nun ‘o saie ca ‘nfin ‘int’a ‘na chiesa
Io so’ trasuto e aggio priato a Dio, Catarì
E l’aggio ditto pure a ‘o cunfessore: I’ sto a suffrì Pe’ chella llà
Ma i brividi, quelli veri, quelli che lasciano il segno ascoltando questa melodia, quelli che a giusta ragione, hanno proclamato universale la grandezza della sua musica, a dispetto di quanto affermava il compositore, si provano quando arriva l’attacco del ritornello:
Core, core ‘ngrato
T’aie pigliato ‘a vita mia …
La canzone è stata fonte di ispirazione anche per la produzione cinematografica, nel 1951 esce una pellicola dal titolo Core ‘ngrato con la regia di Guido Brignone.
Nel 1954 Franco Franchi e Ciccio Ingrassia esordiscono con una scenetta dal titolo “Core ‘ngrato”. Nello sketch, che darà grande fama ai due comici palermitani, Ciccio cerca di cantare la canzone mentre Franco lo disturba in continuazione.
In Ieri, oggi e domani di Vittorio De Sica (Oscar come miglior film straniero nel 1965), la canzone è protagonista nel primo dei tre episodi del film. La storia, scritta da Eduardo De Filippo (ma tratta da una vicenda realmente accaduta) è quella di Adelina (Sophia Loren), una venditrice abusiva di sigarette che sforna una serie interminabile di figli per non andare in galera. Quando il marito Carmine (Marcello Mastroianni) si reca fuori dalle mura del carcere, per portarle notizie sulla richiesta di grazia, per svegliarla le canta proprio Core ‘ngrato.
Nel film del 1984 Così parlò Bellavista di Luciano De Crescenzo, l’esattore della camorra, interpretato dall’attore napoletano Antonio Allocca, porta il pacemaker. Per questo motivo è ironicamente soprannominato Core ‘ngrato.
Curiosità
A Napoli, soprattutto in ambito calcistico, “Core ‘ngrato” è diventato sinonimo di traditore, irriconoscente.
Josè Altafini, ex centravanti del Napoli, passa alla Juventus. Da quel momento per i tifosi del Napoli il campione brasiliano diventa Core ‘ngrato. Stessa sorte per il napoletano Fabio Quagliarella, reo anche lui di essere passato alla rivale Juventus, e all’uruguaiano Edinson Cavani, volato in Francia nel 2013 al Paris Saint-Germain.