Una storia “da film”, una di quelle che narra l’essenza più sfrontata ed impietosa della Camorra, quella della cui esistenza, tutti, siamo consapevoli, eppur, quando, in circostanze come questa, rivendica, ricorda e sogghigna la sua presenza, irrompendo nell’ordinaria consuetudine dei nostri giorni, lo sgomento e lo sconcerto non possono fare altro che prendere il sopravvento.
Il cranio con tutti i denti è quel che resta e che racconta il tragico epilogo della vita di Orlando Carbone, ritrovato qualche giorno fa, sotterrato in un terreno di Marcianise.
Carbone era un uomo nato nel 1966, ucciso quando aveva vent’anni insieme a un’altra persona con la quale aveva preso parte alla strage di San Martino che costò la vita a quattro persone, ferendone altre due, tra cui un passante, avvenuta a Marcianise l’11 novembre del 1986.
Ufficialmente Carbone era ancora ricercato, perché doveva scontare un mese di reclusione.
Il duplice omicidio, di cui gli inquirenti non avevano avuto mai notizia, è emerso grazie alla testimonianza del capoclan dei Belforte, Salvatore Belforte, di recente diventato collaboratore giustizia. È stato lo stesso Belforte ad indicare alla DDA e ai Carabinieri la zona del terreno di Marcianise lungo la quale scavare per ricercare i corpi delle due persone.
Il duplice omicidio sarebbe stato deciso per eliminare testimoni scomodi.
L’altra persona di cui si stanno cercando le spoglie si chiamava Giuseppe Tammariello, soprannominato “Pinuccio ò romano”, classe 1932, invalido in quanto gli mancava un braccio. Di lui, probabilmente, non si troverà il corpo: secondo quanto si è appreso, infatti, siccome facilmente riconoscibile per la sua invalidità, dopo l’omicidio fu deciso di distruggerne il cadavere sciogliendolo nell’acido.
Due vite alle quali sono legate altrettante storie che sfociano nel medesimo e feroce finale, riesumando il volto più spietato del crimine, capace di emergere in tutta la sua brutale e devastante egemonia. Ancora una volta.