L’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc), che fa parte dell’Organizzazione Mondiale per la Sanità, ha classificato il glifosato tra le sostanze potenzialmente cancerogene. Il principio attivo di questa sostanza, scoperta negli anni ’70, è usato nella preparazione di almeno 750 erbicidi destinati all’agricoltura, ma anche al giardinaggio e alla cura del verde pubblico.
Proprio in questi giorni, l’Ue sta discutendo riguardo i permessi per l’uso di questo pesticida; lo stesso sta accadendo in USA, Canada e Brasile mentre Olanda, Sri Lanka e El Salvador si stanno già muovendo per vietarlo. In Italia è difficile reperire dati, ma grazie alle indagini dell’ARPAV, è stato reso noto che nel 2007, nella sola provincia di Treviso sono stati impiegati 55.000 chilogrammi di Glifosato ed 8.000 chilogrammi di Ammonio-Glufosinato. A ciò si aggiunge il fatto che, dai dati del rapporto Ispra “Rapporto nazionale nazionale pesticidi nelle acque“ per quanto riguarda le acque superficiali, i 253 punti di monitoraggio (17,2% del totale) hanno concentrazioni superiori al limite. Le sostanze che più spesso hanno determinato il superamento sono: glifosato e il suo metabolita AMPA.
Secondo i dati riportati dalla IARC non sono ancora considerabili prove a tutti gli effetti gli studi effettuati sull’uomo, anche se è stato registrato un aumento di linfomi non Hodgkin tra gli agricoltori statunitensi, canadesi e svedesi. Da notare il fatto che tra i fattori di rischio per l’insorgere di questo particolare tipo di neoplasia ci sono: “l’esposizione a radiazioni o a certe sostanze chimiche come erbicidi e insetticidi “. Indizi significativi provengono dai risultati di laboratorio: si è registrata la capacità di indurre tumori negli animali da laboratorio e di danneggiare il Dna nelle colture cellulari.
Secondo Vincenzo Vizioli, presidente dell’Associazione italiana per l’agricoltura biologica: “i dati storici indicano che la maggior parte delle sostanze che causano mutazioni nelle colture cellulari risultano poi essere anche cancerogene.”
La Monsanto, grande azienda multinazionale, ha detenuto a lungo il brevetto di questo erbicida e lo ha diffuso sul mercato grazie al Roundup, sin dai primi anni ’70. Anche se non detiene più il brevetto del glifosato, l’erbicida Roundup è tuttora fondamentale per la multinazionale, perché venduto insieme ad altri prodotti geneticamente modificati come soia, mais e cotone Roundup Ready, che grazie ad un transgene sono resistenti all’erbicida stesso.
In Italia non sono permesse colture OGM, ma il rischio permane perché il contatto con il pesticida può avvenire attraverso l’aria, nelle zone in cui viene usato, o con il cibo, su cui possono rimanere residui.
Riprendendo il commento di Vizioli ” Il ministero della Sanità dovrebbe attivare una sospensione precauzionale dei prodotti a base di glifosato, fino a che non si avrà la certezza che questa sostanza non sia cancerogena. Il problema è particolarmente grave per il glifosato, a causa della sua grande diffusione”. Sarebbe più facile sospenderne l’uso, ma, come da copione, ci sono ostacoli di natura economica da superare.
Avaaz.org ha creato una petizione per vietarne l’uso, per aderire clicca qui.