Mare e migranti: due “M” che camminano a braccetto e, la cui unione, ancora una volta, ne procrea una terza. “M” come “morte”.
Un peschereccio di 30 metri si è capovolto a nord della costa libica, mentre un mercantile si avvicinava per i soccorsi.
È la tragedia più grande di tutti i tempi e i numeri lo comprovano: un naufragio che costa la vita a 700 migranti.
Stipati come animali in una barca lunga 20 metri, partita da est di Tripoli, una storia nota che narra un’ordinaria consuetudine che ben si presta a scrivere le pagine più atroci della storia contemporanea.
Una storia che racconta storie di esasperazione, speranza che ben presto si assopisce nella più lancinante forma di disperazione.
Storie che scrivono una storia, estrema e straziante, alla quale siamo talmente “abituati” che, ormai, sembra aver perfino perso la capacità di far leva sulla nostra sfera emotiva.
Una storia che racconta una straziante realtà, quella che nessuno, proprio nessuno di noi può parafrasare asserendo “so cosa significa, ci sono passato anch’io”.
Intorno a mezzanotte l’allarme lanciato da bordo, quando la barca si trovava a 70 chilometri dalle coste libiche, è stato raccolto dal Centro Nazionale di Soccorso della Guardia Costiera. Il tono di voce dell’interlocutore non era concitato: “siamo in navigazione, aiutateci”, ha detto un uomo. La telefonata è apparsa simile a tante altre richieste di soccorso. Gli operatori, grazie al sistema satellitare di chiamata, hanno potuto rapidamente individuare le coordinate del punto dal quale è partita la chiamata e organizzare i soccorsi inviando sul posto il mercantile portoghese King Jacob. Quando l’imbarcazione si stava avvicinando al peschereccio, i migranti si sono spostati sul lato della nave, per essere salvati. Ma spostando il peso – su una nave già stracolma – questa si è ribaltata. Stando alle testimonianze dei primi superstiti i morti sarebbero almeno settecento. Finora sono stati recuperati 24 cadaveri.
Sul luogo del naufragio è in corso un’operazione di soccorso imponente, con almeno 17 mezzi. Le persone vive recuperate sono 49, ma i soccorsi continuano. Nonostante i migranti di solito non sappiano nuotare, vista l’alta temperatura dell’acqua (17 gradi), i soccorritori sperano di recuperare altri profughi ancora in vita. La Guardia Costiera, che questa mattina ha fornito un primo bilancio del naufragio, intende verificare ed eventualmente rideterminare il numero delle vittime del naufragio. E’ stato un migrante eritreo, superstite della tragedia, a riferire delle circa 700 persone che erano a bordo del barcone. Su tale cifra verranno sentiti anche gli altri superstiti, secondo le procedure previste.
Un barcone sovraccarico di migranti, pronto a traghettare anime da un limbo all’altro del mondo. Quel mondo vicino, eppur così distante, disgiunto solo da quella infima e mai scontata fetta di mare. Il “solito” trambusto politico che contraddistingue le ore successive all’”evento di rilievo” costeggia gli attimi che susseguono la tragedia, mentre sono ancora in atto le operazioni di soccorso e di recupero delle salme.
Renzi, Hollande, “il puntuale” Salvini che “stranamente” si è sentito dare dello “sciacallo”, la Commissione Europea, il Papa.
Comunicati, twitter, dichiarazioni ai microfoni, riunioni, telefonate, colloqui. Grande cordoglio, grande indignazione, grande voglia di correre ai ripari.
Interventi, soluzioni, proposte, decisioni.
Le chiacchiere, è storia nota, se le porta via il vento, mentre i fatti conclamano che tante, troppe vite, continua a portarsele via il mare.