La domenica non è un giorno della settimana.
Né l’ultimo, né il primo, in base alla prospettiva dal quale lo si accoglie o lo si congeda. La domenica e una dimensione, talvolta, apatica d’iniziative ed abulica di colori ed intenzioni. Questo accade prettamente quando il colore dominante è il grigio sporco di pioggia.
La domenica di Napoli. La domenica a Napoli. La domenica che si disegna lungo il cielo di Napoli.
Un’altra storia, un’altra dimensione. Diversa, inspiegabile, irriproducibile. Non paragonabile a nessun’altra realtà spazio-temporale esistente al mondo, eppur capace di riprodurre infinite varianti di mondo in un fazzoletto di terra. Magia, incantesimo, maledizione, dannazione, ostentazione, sopraffazione.
Tutto in un fazzoletto di terra.
Un giorno, l’unico giorno, in cui il tempo non è scandito dalle lancette, i minuti diventano attimi e i secondi respiri e sospiri. Densi di felicità, benessere e star bene.
Attimi in cui “fare quello che voglio” equivale a “fare la cosa giusta”, mentre gli oneri galleggiano nel temporaneo baratro del dimenticatoio.
La domenica a Napoli è poesia, di pensieri, piaceri ed entusiasmo.
La domenica a Napoli si tinge del fascino insito nelle sfumature: sapori, giochi di colori, profumi, melodie, fruscii, brusii, armonie, disaccordi, amori, disamori, idiosincrasia, pucundria. Quella velata, appena accennata che sa in quale misura imporre la sua puntuale, ma non invadente presenza per conferire il contributo utile al conseguimento della perfezione, senza, però, appesantirlo di eccessiva ed obbrobriosa angoscia.
La domenica a Napoli, quando a preannunciarne l’arrivo è il timido e rigenerante calore di uno dei primordiali raggi di primavera che solletica i sogni infrangendosi sul cuscino, rappresenta semplicemente l’anticamera del paradiso.
In quelle domeniche è saldamente levigata la più scarna e rilevabile essenza che personifica il senso, la forma più sincera, compiuta e sublime dell’esser vivi.