Mancino, Martelli, Andreotti. Sono alcuni dei nomi “eccellenti” tirati in ballo, in tribunale a Palermo, dal pentito messinese Carmelo D’Amico, che depone al processo sulla trattativa Stato-mafia
Il pentito messinese, ex capo provinciale di cosa nostra, è sottoposto al programma di protezione. Ha detto di temere per la propria vita e per quella dei suoi familiari che, ancora, non sono stati trasferiti in località protetta. D’Amico, che si è autoaccusato di una trentina di omicidi e ha parlato di un progetto di attentato a Di Matteo, ha anche rivelato di essersi pentito dopo la scomunica dei mafiosi di Papa Francesco. “Ho avuto un po’ paura, mi sono riservato su alcune cose, perché dopo 4 giorni che ho iniziato a collaborare uscivano articoli sui giornali e la mia famiglia era ancora a Barcellona. Ero a Catania nel carcere Bicocca dove avevano indagato gli ispettori e tante guardie colluse con la mafia, erano successe cose stranissime, mi dicevano che ero in pericolo di vita.”
“Il boss Antonino Rotolo era al corrente di tutto ciò che accadeva in Cosa nostra e nel suo organigramma nonostante fosse in carcere. Non so come facesse. Ma addirittura mi indicò anche il nome del nuovo capo di Cosa nostra, di cui però non ricordo il cognome“. A riferirlo, Carmelo D’Amico, collaboratore di giustizia dall’anno scorso, detenuto nel carcere Opera di Milano in regime del 41-bis, nel quale condivise l’ora di socialità con il boss mafioso palermitano Antonino Rotolo, dal quale avrebbe appreso anche altri aspetti legati a Cosa nostra e alle stragi del ’92.
“Il boss Rotolo mi rivelò che, spinti dai Servizi i ministri Mancino e Martelli si rivolsero a Ciancimino, tramite Cinà, per arrivare a Riina e Provenzano“. ha detto D’Amico. “Riina – ha continuato – non voleva accettare i contatti, poi fu convinto da Provenzano e insieme scrissero alcuni punti come quelli sull’alleggerimento delle normative sui sequestri dei beni“.
Per quanto riguarda le stragi del 1992, sempre Rotolo avrebbe poi detto a D’Amico, in carcere, che “i mandanti delle stragi di Falcone e Borsellino erano Andreotti, altri politici e i Servizi segreti che volevano governare l’Italia”.
Nella sua deposizione, D’Amico ha anche detto di aver appreso in carcere che “tra i politici che hanno fatto accordi con Cosa nostra, ci sono anche Angelino Alfano e Renato Schifani, che sono stati eletti con i voti della mafia“. “Alfano – ha aggiunto il pentito – lo aveva portato la mafia, ma lui poi le ha girato le spalle“.
Il collaboratore di giustizia ha anche dichiarato che “Forza Italia è nata perché l’hanno voluta i Servizi segreti, Riina e Provenzano per governare l’Italia. Berlusconi era una pedina di Dell’Utri, Riina, Provenzano e dei Servizi“. D’Amico, infine, ha rivelato che in carcere i boss votarono tutti Forza Italia.