La sentenza della Corte Europea dei diritti umani, che ha qualificato come ‘tortura‘ le violenze compiute la notte del 21 luglio 2001 alla scuola Diaz di Genova, è un monito alle istituzioni italiane a fare presto e bene, dopo oltre un quarto di secolo di ritardo nell’introduzione del reato di tortura nel codice penale italiano.
Un ritardo rilevato e stigmatizzato dalla stessa Corte europea, nella sentenza che ha dato ragione al ricorso di Arnaldo Cestaro, una delle vittime dei pestaggi seguiti all’irruzione notturna nella scuola Diaz, uscitone in barella con diverse fratture. Il collegamento tra la violazione dei diritti umani e l’assenza del reato di tortura emerge con evidenza dalla lettura della sentenza.
Dal 1989, quando venne pubblicata sulla Gazzetta ufficiale la legge di ratifica della Convenzione Onu contro la tortura, Amnesty International, altre organizzazioni per i diritti umani e oggi anche il team di Avaaz, chiedono al parlamento di onorare l’impegno assunto all’epoca.
Le cronache dei 25 anni successivi ci parlano di rinvii, annacquamenti, emendamenti vergognosi ai vari tentativi, tutti vani, di introdurre il reato di tortura nel codice penale.
All’esame dell’Aula della Camera vi è ora un testo che ha certamente qualche limite ma che rappresenterebbe, se fosse approvato anche dal Senato, un grande passo avanti rispetto alla situazione attuale.
A 14 anni dal G8 di Genova del 2001, molti dei responsabili delle gravi violazioni dei diritti umani commesse sono sfuggiti alla giustizia, restando di fatto impuniti, mentre in Italia mancano ancora importanti strumenti per la prevenzione e la punizione di quelle violazioni.
I pestaggi alla Diaz prima, e le umiliazioni alle quali furono sottoposti nella caserma di Bolzaneto dopo, hanno segnato irrimediabilmente, la vita e il futuro delle vittime del G8: ” Ci hanno picchiati, malmenati, costretti a strisciare per la caserma gridando viva il Duce, viva Hitler“. Con le ragazze, minacciate di stupro, le intimidazioni non sono state da meno: “Entro stasera con voi faremo come in Kosovo”
Non si può, certamente permettere, che un’altra Legislatura fallisca nel compito fondamentale di assicurare che una delle violazioni più gravi dei diritti umani sia adeguatamente punita.
Il testo in discussione al Senato non è perfetto, ma è la possibilità attesa da anni, di inserire la parola ‘tortura‘ nel nostro codice penale ponendo fine all’impunità delle forze dell’ordine colpevoli di violenze. Spetterà poi ai giudici applicarla, certo, ma nei casi delle violenze alla Diaz e a Bolzaneto avrebbe potuto aiutare le vittime ad avere giustizia.
E dopo l’approvazione si dovrà lottare ancora, per nuove norme che obblighino l’identificativo per i poliziotti e l’estromissione di tutti i colpevoli dagli incarichi istituzionali.
Con i protagonisti di una delle pagine più nere della democrazia italiana, in fondo, la sorte non è stata così maligna: la Corte di Strasburgo ha sottolineato che di fronte al semplice sospetto di gravi abusi commessi da appartenenti alle forze dell’ordine la Convenzione dei Diritti dell’uomo prevede l’allontanamento degli stessi dalle posizioni che occupano già nella fase d’indagine.
Invece per la Diaz è accaduto l’esatto contrario, molti di loro sono stati promossi questori, capi di dipartimento, prefetti, e da indagati e condannati hanno raggiunto livelli apicali. Quelli che hanno dovuto lasciare la divisa “ufficiale” sono quasi tutti caduti in piedi, Banche, squadre di calcio, aziende di Stato, nuova vita, nuova divisa, mentre gli altri, rappresentano ancora lo Stato nelle strade e nelle piazze d’Italia.
La campagna “Piano per i diritti umani in Italia“, realizzata da Amnesty International, puntualizza i seguenti punti:
- Previsione di misure per l’identificazione degli agenti di polizia impegnati in operazioni di ordine pubblico, in modo tale che l’identità personale di questi possa essere stabilita ai fini dell’accertamento di eventuali responsabilità per violazioni dei diritti umani
- Introduzione del reato di tortura nel codice penale italiano, in linea con gli standard internazionali e in particolare con la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, ratificata dall’Italia nel 1989 e mai compiutamente attuata
- Strumenti idonei a garantire che tutti gli appartenenti alle forze di polizia siano adeguatamente preparati a impiegare metodi non violenti e non letali e a ricorrere all’uso della forza e delle armi solo in caso di assoluta necessità, in modo legittimo e proporzionato.
Ad affiancare le proposte di Amnesty International, il team di Avaaz, lancia una nuova petizione:
È ora di dire basta. Mai più Diaz.
In questo momento il Senato è riunito per decidere se e quando mettere in calendario la legge contro la tortura. Firma subito, e raggiunte le 200mila firme, le faremo consegnare ai senatori chiave dalle vittime e dai loro familiari: non avranno il coraggio di guardarli in faccia e rimandare ancora.