La malattia di Alzheimer è la forma più comune di demenza nell’anziano.
In Italia colpisce circa 500000 pazienti, il 5% delle persone con più di 60 anni e la prevalenza raddoppia all’incirca ogni 5 anni, quindi raggiunge il 40% o più nelle persone sopra gli 80 anni.
Se si considera quanto sia grande e quanto è destinata ad aumentare la fetta di italiani in quella fascia di età, si può comprendere come il morbo di Alzheimer rappresenti un problema reale a livello sociale e anche economico.
Le cause di questa malattia purtroppo non si conoscono nonostante i numerosissimi studi a riguardo, si conoscono solo i meccanismi che danneggiano i neuroni e che scatenano la sintomatologia tipica: inizialmente subdola, una leggera perdita della memoria o dell’orientamento per poi coinvolgere i centri del linguaggio, la sfera emotiva e infine rendere il paziente completamente disabile, muto e anafettivo nell’arco di massimo dieci anni.
Purtroppo esistono solo farmaci in grado di contenere la sintomatologia della malattia, di rallentarne il decorso, ma non di arrestarla. Questo perché non si sa esattamente cosa dia inizio alla cascata di eventi che fa accumulare nei neuroni le proteine anomale (placche di amiloide) che li danneggiano fino a portare a morte aree sempre più estese del cervello.
Una buona notizia, però, giunge dagli Stati Uniti: i ricercatori della Duke University hanno scoperto che somministrando ai topi di laboratorio un inibitore enzimatico, la difluorometilornitina , si riduce il consumo di Arginina (un comune amminoacido) da parte delle cellule nervose della microglia e quindi diminuisce anche la formazione delle placche amiloidi.
Se i risultati di queste ricerche venissero confermati anche nell’uomo, si arriverebbe davvero ad un punto di svolta e, agendo sulle causa principale della malattia, si potrebbe finalmente sconfiggere l’Alzheimer.
Spiega infatti Carol Colton, professore di Neurologia alla Duke University School of Medicine: “Questo studio scientifico apre le porte ad un modo completamente diverso di pensare l’Alzheimer, in grado di farci superare il punto morto in cui ci trovavamo nella lotta contro la malattia”.
I tempi per la messa a punto della cura non saranno brevi purtroppo ma, dopo anni di stallo, finalmente si è aperta una strada per la cura del morbo di Alzheimer che dà speranza a tantissimi malati e alle loro famiglie.