Il capo dei capi era l’unico imputato al procedimento di Firenze sull’attentato che il 23 dicembre 1984 provocò 17 vittime sul Napoli-Milano. I giudici richiamano la vecchia insufficienza di prove.
Totò Riina è stato assolto, non è stato lui a ordinare la strage del rapido 904. Si chiude così questo nuovo processo a carico del capo dei capi, e ora resta solo da vedere quelle che saranno le motivazioni della sentenza che ha portato all’assoluzione con la formula che ricalca la vecchia insufficienza di prove.
“E’ stato assolto perché manca la prova piena che sia colpevole“. Il legale difensore del boss, Luca Cianferoni, spiega la sentenza di assoluzione. Una sentenza decisa “per non aver commesso il fatto“, come letto dal presidente della Corte d’Assise Ettore Nicotra alla fine di una camera di consiglio durata circa un’ora e mezzo. Il pubblico ministero Angela Pietroiusti aveva chiesto per Riina l’ergastolo.
Questa mattina, nell’aula della corte di assise di Firenze c’era stata la requisitoria della pm Angela Pietroiusti e le arringhe degli avvocati. C’era attesa per questa sentenza anche tra coloro che si aspettavano una nuova verità su quella strage; tra questi i familiari delle 17 vittime che sono state uccise sul treno che andava da Napoli a Milano il 23 dicembre 1984.
Un treno pieno di famiglie che andavano a passare le vacanze di Natale con i propri cari, giovani che ritornavano alla loro città o andavano a trovare i parenti emigrati al nord, purtroppo per alcuni di loro non c’è stato nessuno scampo. Una bomba nascosta in due borse piazzate sulla griglia portapacchi nel corridoio del vagone numero 9 esplose alle 19.08 mentre il rapido percorreva la Grande galleria dell’Appennino.
«Non si può condannare solo Pippo Calò per questa strage – ha detto il pm – ma serve condannare anche Riina, che di questa strage terroristico-mafiosa è stato il determinatore. Solo con l’ordine di Riina, Calò prese l’esplosivo che servì per l’attentato». «Pur a distanza di tanto tempo – ha affermato il sostituto procuratore Pietroiusti – è necessario fare giustizia, anche per il rispetto che si deve alle vittime. Riina non merita nessuna pietà, è responsabile, perchè decise e ordinò la strage. Pertanto merita l’ergastolo».
«Si chiede la condanna non perché non poteva non sapere – ha spiegato il pm – perchè era a capo dell’organizzazione, ma perchè Riina esercitò il potere di determinare la strage. Solo con l’autorizzazione di Riina, fu fornito l’esplosivo a Calò e solo lui poteva decidere la destinazione di Cosa Nostra. Riina è stato, dunque, il determinatore della strage».
La difesa dell’unico imputato di questo processo, condotta dallo storico legale di Riina, Luca Cianferoni, è chiara fin dall’inizio. Parla di “processi politici, di un uomo, Totò Riina, diventato il parafulmine di tutti i mali d’Italia”. I giudici, per quanto si può dire prima di leggere le motivazioni, in questo caso hanno ritenuto insufficienti le prove contro di lui.