Morire a 4 anni.
Morire per mano del male più devastante degli ultimi tempi.
Morire senza aver avuto la possibilità di respirare appieno il senso e la bellezza della vita.
Morire dopo aver ricevuto l’abbraccio del Papa e dei calciatori del Napoli: sogni irrealizzabili per la maggior parte della “gente comune” che percorre la vita intera coltivando il desiderio di agguantare una conquista tinto prestigiosa.
Questa è la breve e sofferta storia di Checco: l’ennesima vittima della Terra dei fuochi.
Checco è morto all’età di 4 anni, al culmine di una vita breve, troppo breve e costernata di sofferenze atroci, tutt’altro che consone all’aria consueta che dovrebbe spirare lungo il sentiero di un’esistenza. Di quella di un bambino, di un acerbo germoglio di vita, ancor di più.
Una sofferenza raccontata dalle foto che ripercorrono il calvario di Checco: capelli folti che si assottigliano con il progredire della malattia, fino ad abbandonare definitivamente quel volto innocente, allorquando il piccolo incontrò Papa Francesco, lo scorso 1 aprile.
Dopo un apparente miglioramento, appena qualche giorno fa, a meno di un mese di distanza da quell’incontro che ha commosso il mondo, quel piccolo guerriero depredato del “diritto al futuro” ha chiuso gli occhi. Per sempre.
Capelli, forze, sogni, speranze e soprattutto la vita falciati definitivamente dallo strazio che troneggia lungo quel limbo obeso di diossina e veleni.
Una storia, quella del piccolo Checco che consegna una morale amara e pregna di emozioni, forti, contrastanti e dolorose.
Un bambino accarezzato dai “giganti buoni” e annientato dal più turpe ed invincibile dei mostri esistenti al mondo.
Checco era solo un bambino. Di lui, adesso, restano solo tante foto che immortalano una vita strozzata dal male. Quello vero, quello che l’uomo ha scalfito nelle nostre vite con le sue stesse mani.