Monsignor Nunzio Scarano torna in libertà.
Il presidente della seconda sezione penale del Tribunale di Salerno, Ubaldo Perrotta, ha accolto la richiesta di revoca degli arresti domiciliari presentata dall’avvocato difensore del prelato, Silverio Sica.
Dopo 14 mesi trascorsi ai domiciliari, Monsignor Nunzio Scarano, ex funzionario Apsa in Vaticano e imputato nel processo per riciclaggio a Salerno, ritorna in libertà con il solo obbligo di dimora a Salerno.
“Don Nunzio viveva ormai in solitudine quasi tutto il giorno – dice il suo legale – e le sue condizioni di salute necessitano di visite piu’ frequenti”.
Il sostituto procuratore Elena Guarino aveva dato parere contrario alla revoca dei domiciliari o, in subordine, aveva chiesto (prima della decisione) una perizia medica sulle condizioni di salute del prelato. Per i giudici, però, è bastata la relazione medica che il difensore di Scarano aveva allegato alla richiesta di revoca degli arresti oltre al fatto che – a parere del tribunale – le esigenze cautelari si sono affievolite anche in considerazione del fatto che il processo è iniziato.
Ma chi è Monsignor Nunzio Scarano ?
Fino al 1983 Scarano era dipendente della Banca d’America d’Italia e tre anni dopo decise di prendere i voti. Stava per essere consacrato arcivescovo, quando è scattato il primo arresto a fine giugno 2013.
Per uno strano caso del destino, beffardo e vendicativo, l’inchiesta a suo carico, scaturisce dagli accertamenti conseguenti ad un furto da lui subito, tra il 26 ed il 29 gennaio del 2013, a Salerno. I ladri, secondo il suo racconto, avevano portato via beni di pregio per milioni di euro. Gli accertamenti degli investigatori permisero di scoprire una sproporzione tra le disponibilità economiche e i suoi redditi.
Una delle prime anomalie riscontrate dagli inquirenti, fu lo scoprire che ogni mese riceveva un bonifico da 20 mila euro da Cesare D’Amico con la causale «beneficenza», finiti direttamente sui suoi conti personali. La procedura era alquanto “anomala” e nelle indagini che sono seguite, si è cercato di scoprire la vera ragione di queste elargizioni fisse. Titolare di svariati depositi presso lo Ior, possedeva anche un conto presso la filiale Unicredit di via della Conciliazione con un saldo che al 2 settembre 2011 ammontava a circa 456 mila euro. Ma non era tutto. Scarano possedeva “un cospicuo patrimonio immobiliare” e per acquisirlo aveva impiegato un milione e 155 mila euro, soltanto nel periodo che va da novembre 2009 a marzo 2010.
I finanzieri avrebbero accertato anche altre false donazioni provenienti da società offshore transitate su conti Ior intestati a Scarano chiamato “monsignor 500 euro”. Secondo l’ipotesi investigativa le donazioni sarebbero servite a coprire un grosso riciclaggio di denaro. Il prelato avrebbe contattato una sessantina di persone chiedendo ad ognuno di loro la compilazione di un assegno circolare con somme intorno ai diecimila euro, spiegando di dover ripianare i debiti di una società immobiliare titolare di alcune abitazioni nel centro storico di Salerno. Gli assegni sarebbero stati soltanto una partita di giro, in quanto al momento della consegna i donatori avrebbero ricevuto l’equivalente in denaro contante.
Negli ulteriori sviluppi dell’inchiesta, si accusa Monsignor Scarano di aver “permesso in modo sistematico”, ai componenti della famiglia di armatori D’Amico di riciclare denaro di dubbia provenienza. Denaro che le certosine indagini condotte dal N.O. della Guardia di Finanza di Salerno, hanno consentito di ipotizzare come illecito, in quanto frutto di evasione fiscale.
Dalle indagini sono emersi anche dettagli inquietanti relativi ad una sua presunta relazione omosessuale con Don Luigi Noli, suo effettivo complice negli affari illeciti che lo riguardano.
In particolare Don Noli avrebbe partecipato a pieno titolo nelle spregiudicate manovre finanziare del Monsignore mettendogli in a disposizione il suo conto corrente presso la Banca Popolare di Rieti e coinvolgendo in queste operazioni anche alcuni suoi familiari. Ogni mese, in corrispondenza degli accrediti mensili del suo stipendio, versava sistematicamente assegni di pari importo a favore di Scarano il quale poi li versava su conti Ior facendo così, sostanzialmente, perdere a quel denaro tracciabilità: “Scarano dispone liberamente del mio conto corrente… Anche del libretto degli assegni…Abbiamo deciso di avere tutto in comune”, si è giustificato don Noli il 29 maggio 2013 nel corso di un suo interrogatorio.
In totale gli indagati coinvolti nello scandalo Scarano, sono 52, accusati di riciclaggio in concorso e falso in atto pubblico, numero probabilmente destinato a salire, perchè parte delle indagini sono ancora in corso.