Ma vi siete mai chiesti cosa sarebbe la nostra vita senza il Sale?
E, se quel giorno di tanto tempo fa, quel primate non avesse fatto cadere un pezzo di carne nel mare, scoprendone poi il sapore miracolosamente migliorato?
Di sicuro la vita senza un po’ di sale proprio non avrebbe gusto!
Questo i napoletani lo sanno bene e non solo in relazione alla cucina.
Di storie e leggende sul sale, se ne sono tramandate tante un po’ in tutto il meridione della nostra penisola, dicerie forse, superstizioni anche, ma quello che è certo, è che non troverete mai una casa, senza tre o quattro pacchi di sale nella dispensa.
Nella casa di un buon napoletano, il sale non deve mancare mai, una casa senza sale è una casa povera. Il sale porta soldi, più pacchi di sale hai in casa, più “stai tranquillo” economicamente.
Fosse vero, gli scaffali del supermercato sarebbero presi d’assalto tutti i giorni, ma la tradizione è sacra e va rispettata!
Il sale non deve cadere accidentalmente, né sul tavolo, né a terra, porta male e se succede partono una serie di riti scaramantici per scongiurare la sfortuna. Il sale può, però, essere cosparso volontariamente, quello fino tassativamente e con lo spargisale, sull’uscio della porta, sulla macchina nuova, nelle stanze e nei locali, dove si presume, siano stati presi di mira dai “maluocchie“.
Il sale può essere usato contro il mal di testa, metodo medicamentoso delle nonne: in un canovaccio riscaldato, mettere il sale doppio, chiudere come fosse una borsa del ghiaccio, di quelle che si usano post-sbornie e poggiare sulla testa. Il sale attirerà l’umidità, causa del mal di testa. Effetto assicurato.
Fosse vero, le farmacie fallirebbero, ma anche in questo caso, le nonne ne sanno una più del diavolo.
Se invece vogliamo rifarci alle leggende, una che ancora si racconta nei vicoli è quella legata alla Janara.
La Janara, nella credenza della tradizione napoletana, soprattutto in quella contadina, usciva di notte e si intrufolava nelle stalle dove si trovavano dei cavalli, per prenderne uno e cavalcarlo tutta la notte. Completamente nuda, vecchia e dall’aspetto mostruoso che ricordava quello di un’arpia, se scoperta, aggrediva e addirittura sbranava le sue vittime, aggredendoli con artigli da fare invidia ad un’aquila. Aveva l’abitudine di intrecciare la criniera del cavallo rapito, lasciando così un segno del suo passaggio. Molte volte però, il cavallo costretto dalla Janara a cavalcare tutta la notte, non reggeva lo sforzo immane a cui era sottoposto e rischiava, addirittura, di morire per la fatica.
Contrariamente ad altre streghe, la Janara era solita vivere in maniera solitaria e non temeva affatto di mostrare il suo carattere normalmente aggressivo e acido. Per poterla catturare bisognava afferrarla per i capelli e recitare una certa formula, per poter godere dei favori della stessa con la promessa di liberarla. Se non si disponeva del coraggio necessario per affrontarla ed allontanarla, si disponeva davanti alla porta di casa, una scopa di saggina o un mucchietto bello grosso di sale. La Janara a questo non sapeva proprio resistere ed era costretta a contare i rametti sottili o gli acini di sale, almeno tre volte. Se il risultato ere uguale, allora aveva libero accesso all’abitazione del malcapitato. In qualunque caso, vuoi perché contare i fili di saggina o gli acini, in maniera precisa era difficile, vuoi perché occorreva molto tempo, quasi sempre passava la notte e con essa, anche il pericolo.
Al sale e alle sue peculiarità, si ricorre anche per descrivere il carattere di una persona. Quando ci si scontra con qualcuno che risulta particolarmente antipatico, si è soliti affermare: ” Ma comm si ‘nzipit ” che tradotto significa, “ma come sei scipito”. Nel caso specifico, la mancanza di sale, fa di quella persona, un soggetto scialbo, poco interessante, antipatico e asociale, tutto insieme.
Comunque vadano le cose e se si voglia credere o meno alle suggestioni indotte dalla superstizione, i napoletani sentitamente ringraziano, quel primate e il suo pezzo di carne caduto nel mare.