La Mascarata è una folkloristica danza ischitana, legata a Buonopane frazione del comune di Barano d’Ischia.
La tradizione vuole che venga inscenata il giorno del Lunedì in Albis e a differenza degli altri eventi, non è ispirata alla risurrezione di Cristo, ma simboleggia un momento di pace e la fine delle ostilità tra gli abitanti di due frazioni, Barano e Buonopane. Si racconta infatti che intorno al 1500 un pescatore baranese avesse regalato alla propria fidanzata una cintura di corallo, ma questa un giorno venne trovata nelle mani di un giovane di Buonopane. La lotta che ne conseguì non si limitò soltanto ai due, ma coinvolse la popolazione di entrambi i paesi. Dopo scontri sanguinosi, la pace avvenne ai piedi della statua della Madonna della Porta, nella chiesa di San Giovanni Battista, il lunedì in Albis. Da allora questo ballo popolare si ripete il giorno della Pasquetta e il 24 giugno in onore del Santo Protettore, San Giovanni Battista.
Le origini della danza sono a tutt’oggi poco chiare. Esse sembrano però essere strettamente connesse al passato ellenico dell’isola (800 a.C.) per la struttura estremamente complessa del ballo.
La Mascarata rappresenta una delle più caratteristiche danze di spade italiane. Essa si articola in due tempi: ballo e predica finale. All’inizio della danza i ballerini, raggruppati in 8 o 10 coppie, formano due centri concentrici. Il cerchio interno è costituito da femmine “armate” di spade bianche nella mano sinistra e da bastoni nella mano destra. I maschi, che formano il cerchio esterno, sono anch’essi “armati” di spade (azzurre) e bastoni. Le diverse e complesse figure della danza sono introdotte dal comando del caporale, che le indica anticipando il verso di ogni strofa. I ballerini cominciano così a scambiarsi violenti colpi intrecciando le proprie spade e i propri bastoni. Il principale conduttore melodico è il canto corale (sebbene accompagnato da tamburelli e clarinetti), mentre la scansione ritmica è data dal frenetico battito dei bastoni e delle spade di legno.
Il testo del canto è a struttura variata in quanto è caratterizzato da quartine di settenari alternate a strofe che ricordano il marchigiano ballo della castellana. Lo stesso testo tende a sottolineare il carattere carnascialesco della danza in quanto sono presenti continue allusioni ironiche a personaggi (il Re, Garibaldi) o eventi storici importanti del momento.
Nel corso della danza, i maschi ruotano intorno al cerchio interno e, durante alcune strofe, si sostituiscono alle compagne andando a formare il cerchio interno mentre le femmine vanno a formare quello esterno. Al termine della danza, le femmine intrecciano i propri bastoni per poter issare il caporale, il quale recita la “predica”.
Il costume dei ballerini attinge agli abiti dei pescatori del ‘600.
I maschi indossano una camicia di seta grezza e un pantalone di lino lungo fino alle ginocchia. Inoltre, vestono una giubba rossa di canapone e un cappello di lana (bianco). In vita portano una sciarpa di lana azzurra. Lo stesso vale per il costume delle femmine, le quali, a differenza dei ballerini maschi, vestono un corpetto azzurro. La sciarpa in vita e il cappello sono rossi.
La danza veniva e viene tuttora ballata a piedi nudi.