Nell’ambito della rassegna “Girls”, sotto la direzione artistica di Gianmarco Cesario, le donne sfilano sul palcoscenico del Nuovo Teatro San Carluccio proponendo le poesie di Simone de Beauvoir, i personaggi di Rosaria De Cicco, le canzoni di Gabriella Ferri e i grandi interrogativi dell’ex “Turista per caso”, Maurizia Giusti che, durante i suoi viaggi, ha spesso incontrato il divino femminile, raccogliendo tali e tanti dati da poter suffragare la tesi che dà il titolo allo spettacolo.
Riceve la stampa nel salottino in vimini del teatro, gentile, disponibile, solare come te l’aspetti e risponde alle domande con la competenza di chi il testo lo ha scritto e ne ha curato la regìa teatrale.
Qual’ è stato il motore che l’ha spinta verso la tematica del divino femminile?
“Innanzitutto, ho scritto la mia tesi di laurea sul maschile e femminile nel mito e nella fiaba, perciò è un tema che mi accompagna da una vita. E’, inoltre, uno dei temi più importanti che ho trattato nel mio libro “Misteri per caso” (Rizzoli), dove ho tentato di raccontare molte delle cose che non quadrano nei sussidiari, con la storia per come ci è stata raccontata. Uno di questi misteri riguarda proprio il divino femminile che è stato completamente dimenticato, insabbiato; forse il più grande insabbiamento della Storia. Dal Sud America all’ India, è evidente ciò che sostengo, e dunque è importante che noi ce ne riappropriamo per sposare, di conseguenza, una logica diversa. Essa, infatti, al femminile prevede la tutela del piccolo, la cura, la non prevaricazione della Natura; insomma, tutto quello che ci serve in questo momento di crisi. E questa logica diversa, forse, ci salverà.”
Dopo aver girato il mondo in lungo e largo, più o meno “per caso”, come è il suo rapporto con il pubblico di un teatro?
“Questo non è proprio uno spettacolo teatrale, è piuttosto una conferenza con momenti di spettacolo, di racconto, di musica, visto che sono accompagnata da un duo di musicisti napoletani (Massimo Caruso e Pasquale Imperatore, ndr); è un momento confidenziale con il pubblico, al quale racconto delle cose che altrove non ci dicono. Per esempio, informazioni di questo tipo è difficile farle passare in televisione. Io ho fatto tanto “spettacolo”, so bene che è un’altra cosa.”
C’è ancora il rogo per chi parla al femminile?
“Certo che c’è, secondo me c’è! A volte è semplicemente il non farti parlare, ma secondo me c’è ancora e c’è sempre di più, perché siamo alla fine di una certa logica prevaricante. Per cui, se c’è da immolarsi, ci vado volentieri sul rogo! (sorride)”
Come mezzo di comunicazione, Syusy Blady predilige di più il teatro o la scrittura?
“Tutti e due, In realtà non mi limito in niente. Sono eclettica, non mi sono mai data dei limiti nell’espressione: sono una eterna dilettante, se serve un mezzo per esprimere un concetto, non mi faccio problemi ad usare quello.”
Dopo le polemiche suscitate dalle dichiarazioni della Vanoni a proposito della caoticità della nostra città, come ha trovato Napoli?
“Io sono già venuta qui qualche mese fa, vengo spesso e mi piace moltissimo. Io mi sento napoletana, sto anche facendo un corso serrato di lingua napoletana! Non a caso ho invitato Pasquale (imperatore, ndr) conosciuto a Bologna con la sua banda Mediterrona. Amo moltissimo questo tipo di musica, il modo di fare e di essere dei napoletani. Con l’ Accademia dell’Opera di Verona abbiamo portato in scena un lavoro su “Lu cunto de li cunti” di Giambattista BasileChe poi ci siano delle difficoltà a Napoli lo abbiamo sempre saputo, secondo me non prendiamo sempre in considerazione il negativo e il positivo. Io credo che Napoli meriterebbe di essere ri-raccontata e sono anche qui per questo: io sto facendo un lavoro sull’ Italia con Italiaslowtour (sito in inglese, viene distribuito all’ estero) dove si trovano filmati girati in vari posti di Italia. Un Italia slow, cioè minore, dove non raccontiamo sempre le solite città ormai note e conosciute da tutti e Napoli merita di essere ri-raccontata per ridare l’immagine positiva che poi c’è. Lo trovo indispensabile in questo momento.”
Napoli città femmina?
“Assolutamente! Si guardi il Golfo, poi c’è il Vulcano che è maschio, poi Partenope, la Mater matuta, la Sibilla Cumana, i vari volti della Madonna….è ovviamente l’aspetto che mi intriga di più, vorrei poterla “leggere” anche così.”
Allora nei suoi nuovi progetti ci sarà un po’ di azzurro?
“Mi piacerebbe, sono cose che ovviamente si fanno in collaborazione con enti, con chi ha il compito di promuovere il territorio per permettere a tutti gli italiani di conoscere meglio il loro paese.”
C’è da crederle, visto che si è esibita in una sua interpretazione di “sanacore”, con non poche difficoltà a suonare le castagnette, ma strappando un fragoroso applauso al pubblico del San Carluccio per l’impegno e la pronuncia.
Monica Lucignano