“Non ancora pronto“: questa la giustificazione del parroco di Mirano, in provincia di Venezia, alla propria scelta di non comunicare un bambino.
L’autismo sarebbe la causa che ha indotto il sacerdote a giudicare il ragazzino “non in grado di capirne il significato” e quindi non idoneo a ricevere il sacramento dell’Eucaristia.
Non è stata sufficiente, per far cambiare idea al prete, la risposta dei genitori dell’autistico, che hanno ricordato la costante frequentazione del catechismo da parte del figlio.
Seguire qualche lezione di religione non rende dei buoni fedeli, dunque. Ma lo stesso allora si potrebbe dire di qualsiasi altro ragazzo neurotipico, che magari si presenta fisicamente in quell’ora settimanale propedeutica al ricevimento di Gesù nel proprio cuore, ma non presta attenzione a ciò che il/la catechista insegna, non conosce bene le preghiere fondamentali e aspetta di ricevere tutti i sacramenti per poi allontanarsi piano piano dall’ambiente ecclesiastico.
Per tutela dei bambini, probabilmente non sono usciti allo scoperto casi simili, a eccezione di quello nel Ferrarese del 2012 e pochi altri, quindi non si può fare una statistica di quanti esponenti del clero, nel corso del tempo, abbiano considerato l’autismo un impedimento all’accostamento all’altare. Però fa molto discutere il fatto che la mamma di questo ragazzino si sia rivolta al sacerdote di un’altra parrocchia, ottenendo una risposta positiva che permetterà al figlio di ricevere il Corpo di Cristo per la prima volta a fine aprile.
Ma, allora, se il bambino è sempre lo stesso, se la religione è sempre la stessa e il sacramento sempre lo stesso, su quali basi due parroci che dovrebbero essere allo stesso livello, giudicano qualcuno “preparato” o “non preparato” a un’esperienza come questa?
Inoltre, nel momento del solitamente primo tra i sacramenti, ossia il Battesimo, non è forse libero il fedele da qualsiasi facoltà di comprendere ciò che effettivamente sta avvenendo nella sua vita, ciò che in un certo senso la sua mamma e il suo papà stanno decidendo per lui? E il Battesimo non serve a eliminare il “peccato originale” che secondo i dettami cattolici è presente sin dalla nascita in ognuno di noi? Dopo il Battesimo, ma anche la Confessione (che il bambino autistico ha ricevuto), qual è la componente variabile che impedisce di andare avanti nella somministrazione dei sacramenti?
Domani 15 marzo, i compagni di questo bambino autistico non potranno vivere il sacramento insieme a lui, nè lui insieme a loro: questa esclusione sicuramente il ragazzino la avvertirà e capirà di essere stato discriminato. Se non ci fosse stata la disponibilità dell’altro sacerdote, i genitori sarebbero rimasti amareggiati per non aver potuto vedere il proprio figlio accostarsi all’altare in un momento così importante per il suo percorso di fede.
Chissà se papa Francesco, così attento a tutte le tematiche che riguardano chi è in difficoltà, si esporrà a riguardo nell’omelia di domenica prossima…