Nella seconda metà del prossimo aprile inizierà il processo contro Aniello Imperato, in arte Nello Liberti, un cantante neomelodico finito in tribunale con l’accusa di istigazione a delinquere aggravata a seguito delle indagini condotte dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli.
Secondo l’accusa, l’artista avrebbe inneggiato alla camorra con il suo brano ” ‘O Capo clan” : il video di questo brano divenne virale e il pezzo veniva trasmesso da alcune emittenti televisive locali. La hit fu ritirata nel 2011, quando i Carabinieri della Compagnia di Torre Annunziata avviarono l’inchiesta: la DDA coordinata dal PM Pierpaolo Filippelli chiese per Liberti un’ordinanza di custodia cautelare che fu però respinta dal gip Luigi Giordano. Costui sosteneva che il cantante non avrebbe dovuto essere accusato di istigazione a delinquere, dato che il testo della canzone era più simile ad un’apologia della criminalità organizzata.
Nonostante questo, l’Antimafia fu tanto lungimirante da continuare le indagini: grazie alle testimonianze di alcuni collaboratori di giustizia, emerse che gli attori che comparivano nel video erano persone “fedeli” al capo clan Vincenzo Oliviero (meglio conosciuto come “Papa Buono”) e che era stato egli stesso a scrivere il brano, ispirandosi alla sua vita. Nella clip infatti è molto ricorrente l’immagine del boss che dal carcere invia missive ai suoi affiliati: Oliviero fondò Radio Ercolano, posta sotto sequestro perché utilizzata per trasmettere messaggi dei malavitosi detenuti a quelli a piede libero.
Il 35enne accusato spiegò queste strane coincidenze nel corso di un’intervista rilasciata al quotidiano “La Repubblica”: “Io questo Oliviero non l’ho mai conosciuto, questa canzone ha i suoi autori, Nocerino ed Alfieri. La mia famiglia ed io non abbiamo mai avuto nulla a che fare con la camorra, mio padre aveva un negozio di tessuti, ero incensurato e adesso passo per un criminale. Se avessi la possibilità di tornare indietro non canterei quel brano: mi ha procurato un sacco di guai. Pensare poco e conoscere poco ti può rovinare. Io ho solo la terza media, e quando incisi il pezzo ero irresponsabile e buffone. E la canzone andava forte, alle feste di piazza tutti i ragazzini mi chiedevano di cantarla.”
Resta da capire dove Imperato abbia trovato i centomila euro necessari alla realizzazione del pezzo e della sua clip. Purtroppo non sarebbe una novità che un neomelodico si appoggi o sia affiliato con la malavita.
Per la camorra il business della musica è molto conveniente: costi di produzione minimi, niente perdite, né tasse né pagamenti di diritti d’autore ed alta probabilità di finire in circuiti mediatici nazionali. Il mercato della musica neomelodica assicura introiti per 200 milioni di euro annui, ma secondo il sociologo Marcello Ravveduto non si tratterebbe di soli affari.
“I boss hanno bisogno di mettere il proprio marchio su tutto. L’esigenza comunicativa è fortissima, la camorra vuole apparire protagonista perfino dei testi delle canzonette”
La questione del consenso è dunque importantissima e i testi che esaltano i capoclan in quanto protettori delle fasce più povere e disagiate della società si moltiplicano: “Nu’ latitante”, ” ‘O killer”, “Il mio amico camorrista”, ” ‘O zio che ti aiuta se hai bisogno” sono solo alcuni dei titoli dedicati alle figure di spicco delle cosche, i moderni e distorti Robin Hood.
Spesso i boss non si limitano a sovvenzionare i cantanti privi di scrupoli o a scrivere i testi, ma tentano anche di lanciare i propri figli nel mondo dello spettacolo: è il caso della baby neomelodica Mary Marino, figlia di Gaetano Marino detto “Mani di Legno” camorrista e fratello del capoclan degli scissionisti di Secondigliano.
I cantanti della nuova generazione dichiarano di “combattere a viso aperto la camorra, nei brani e nella vita.”