A meno di una settimana dalla Giornata Internazionale della Donna, i risvolti di una sconvolgente vicenda avvenuta in Kenya stanno facendo discutere l’opinione pubblica mondiale.
Nel giugno dello scorso anno, Liz stava tornando dal funerale di suo nonno quando venne avvicinata da sei uomini che iniziarono a stuprarla, uno dopo l’altro. La violenza fu così brutale che la giovane perse i sensi. Dopo aver abusato della ragazza, inerme, gli aggressori si sbarazzarono del corpo martoriato di Liz gettandolo in una cloaca profonda più di sei metri. La 16enne riuscì a sopravvivere al tragico episodio, ma rimase paralizzata.
Eppure, il danno fisico che costringe Liz su una sedia a rotelle è nulla in confronto al calvario che l’adolescente e la sua famiglia hanno affrontato -e stanno ancora affrontando- per ottenere giustizia. Infatti i sei uomini, fermati, sono stati “condannati” a falciare il prato della stazione di polizia prima di essere rilasciati.
“Dopo la violenza, il branco è venuto a casa nostra per deriderci.” -racconta la madre della vittima. In Kenya gli stupratori si sentono al di sopra della legge e in effetti hanno ottime ragioni per credersi tali: l’accaduto è stato archiviato come una banale “aggressione”, per la quale sono uno dei sei uomini è stato trattenuto. I tutori della legge hanno risposto alla sete di giustizia di Liz e dei suoi parenti con una proposta sconcertante: hanno dato alla madre della 16enne la possibilità di distruggere le prove del misfatto, per “ripulire” l’immagine di sua figlia.
La notizia, rimbalzata in tutto il mondo, grazie all’attenzione attirata dall’imponetene corteo tenutosi a Nairobi lo scorso novembre, continua a tenere banco grazie all’impegno degli attivisti: l’organizzazione Avaaz ha rilanciato online una petizione (che è possibile firmare qui ) nella quale si chiede che gli assalitori siano processati e che sia avviata un’indagine a carico dei poliziotti negligenti.
A seguito della ridicola condanna, infatti, si sono scatenati infuocati dibattiti che hanno coinvolto le associazioni umanitarie di tutto il mondo che adesso cercando di fare pressione sul governo keniota: a loro avviso il caso di Liz potrebbe essere un punto di svolta nella risoluzione del problema degli abusi sessuali, che nel Paese africano ha delle cifre da capogiro.
Si stima infatti che in Kenya due terzi delle ragazze in età scolare e la metà dei loro coetanei del sesso opposto abbiano subito violenze di tipo sessuale: il fenomeno è così esteso eppure così mal gestito che una Corte di Giustizia ha recentemente emesso una sentenza che costringe le forze dell’ordine a rispettare la rigorosa legge nazionale contro gli stupri.
Il vero problema quindi è che le leggi vengono disattese dagli uomini della polizia, che sostengono di non avere fondi né addestramento necessario per affrontare alcune problematiche. A questa affermazione, gli enti internazionali a tutela dei diritti rispondono: “Non c’è bisogno di nessun addestramento per capire che tagliare il prato non è la punizione adeguata per uno stupro!”