Le Catacombe di San Gaudioso, situate sotto la chiesa di Santa Maria della Sanità, costituiscono una delle antiche aree cimiteriali di epoca paleocristiana della città partenopea. La struttura catacombale, formatasi probabilmente sulla sede di una preesistente necropoli greco-romana, andò comunque sviluppandosi nell’allora disabitato vallone della Sanità (attuale Rione Sanità) dove, secondo la tradizione, aveva trovato sepoltura San Gaudioso, un vescovo dell’Africa settentrionale arrivato a Napoli a causa delle persecuzioni del re ariano Genserìco nel V sec., che lo costrinse a salire, con una piccola comunità di cristiani, su una barca destinata ad affondare; miracolosamente la barca approdò a Napoli ed i naufraghi furono accolti probabilmente dall’allora Vescovo napoletano Nostriano.
San Gaudosio visse a Napoli fino alla sua morte, fondò un monastero e probabilmente guadagnò la sua fama di santità per aver importato a Napoli la regola agostiniana, gli usi liturgici africani (rimane qualche traccia nella liturgia battesimale) e alcune reliquie. La più importante quella di S. Restituta. La sua tumulazione avvenne fra il 451 e il 453 e il luogo, benché custodisse anche la tomba di San Nostriano, divenne oggetto di venerazione nei suoi confronti e noto da allora con il suo nome.
L’intera zona delle catacombe, rimase disabitata e pressoché “dimenticata” durante tutto il Basso Medioevo anche per via delle numerose frane di fango che, dalla soprastante collina di Capodimonte, si riversavano fino al “borgo dei vergini” (per questo motivo quelle frane venivano denominate “lave dei vergini”) sommergendo ogni elemento che incontravano sul loro cammino. Solo intorno al Cinquecento, proprio a partire dal borgo, che era la parte terminale del vallone della Sanità (toponimo entrato in uso a quell’epoca per indicare la salubrità dei luoghi ma anche le guarigioni miracolose attribuite alla presenza delle catacombe cristiane), prese avvio l’urbanizzazione di quei rioni periferici e, con essa, tornò in auge anche la loro funzione sepolcrale. Nel secolo successivo, con la costruzione della basilica di Santa Maria della Sanità esattamente sopra l’antica chiesa o cappella di San Gaudioso, il cimitero sotterraneo venne “rimodernato” con profonde alterazioni della sua struttura originaria e la distruzione di alcune sue parti. L’accesso alle catacombe si trova nella cripta, o succorpo, sotto il presbiterio rialzato della chiesa, dove è stato ritrovato un affresco, staccatosi forse da una parete dell’antica chiesa in seguito ad una frana di fango: ” La Madonna della Sanità ” (V-VI secolo), probabilmente la più antica raffigurazione mariana di Napoli, oggi conservata nella prima cappella laterale destra della basilica. Le catacombe ebbero un nuovo periodo di utilizzo nel Seicento, ad opera soprattutto dei frati domenicani. In quest’epoca era ancora diffuso l’uso degli “scolatoi”, cioè cavità di pietra in cui si appoggiava il cadavere in posizione fetale per fargli perdere i liquidi. I frati domenicani pensavano che la testa fosse la parte più importante del corpo poiché sede dei pensieri; per cui, dopo l’essiccazione, le teste venivano conservate mentre il resto del corpo veniva ammassato negli ossari. Sempre in questo periodo si praticò la macabra moda di prendere le teste dei cadaveri oramai essiccati e di incastrarle nei muri dipingendo al di sotto un corpo che desse qualche indicazione sul mestiere del defunto. Questo tipo di sepoltura era riservato ai ceti più abbienti e fu in seguito abbandonato per motivi igienici.
Una piccola curiosità: il grande Antonio De Curtis, in arte Totò, era originario del Rione Sanità e frequentatore delle catacombe, dove esiste un affresco della morte che vince su ogni cosa, si ritiene che quest’opera, abbia ispirato Totò per la sua poesia ‘A livella.