Mosca- ” Il peggior omicidio politico avvenuto in Russia” così è stato definito l’assassinio di Boris Nemtsov avvenuto il 27 febbraio nei pressi del Cremlino. Fino a questo weekend era caccia ai responsabili e molte erano le possibili piste seguite dagli inquirenti. L’8 marzo, finalmente, la corta distrettuale di Basmanny, a Mosca, ha formalmente accusato i ceceni Zaur Dadayev e Anzor Gubashev del coinvolgimento diretto nell’omicidio. Inoltre, sono stati individuati altri tre sospettati, che sono già in custodia cautelare, mentre un sesto uomo si è fatto saltare in aria per non essere catturato dalla polizia, nella capitale cecena Grozny.
Il movente- Ufficialmente, la pista più accreditata è quella della vendetta: Nemtsov sarebbe stato ucciso per aver dato il suo appoggio a Charlie Hebdo dopo la strage di Parigi. Ciò sembra essere confermato dall’identikit dei due responsabili che tra l’altro sono cugini ed entrambi originari della Cecenia. Gubashev viveva da diversi anni a Mosca e lavorava come guardia di sicurezza in un ipermercato. Dadayev, invece,era stato per dieci anni membro dell’ unità di polizia del ministero dell’Interno ceceno; era un “profondo credente e anche lui, come tutti i musulmani, era rimasto scioccato dalle attività di Charlie Hebdo e dai commenti a sostegno delle vignette”. Entrambi, forse, appartenevano al movimento radicale islamico del Caucaso. La madre di Dadayev smentisce, però, il credo fondamentalista del figlio e aggiunge: “non poteva perpetrare questo delitto“.
Nel frattempo, spunta un caso di omonimia: esiste un altro “tenente Zaur Dadaiev”, appartenente alla quarantesima brigata delle truppe interne di Cecenia, che ottenne da Putin anche la medaglia al merito. Riguardo ciò, Yashin, leader del movimento “Solidarietà”, chiede chiarimenti, veri responsabili e non “capri espiatori”. Il giallo s’ infittisce sempre di più, mentre nuovi protagonisti “appaiono in scena”: la Cecenia, da sempre terra di sanguinosi conflitti separatisti, i fondamentalisti islamici, il dossier “Putin e la guerra” che il movimento guidato da Yashin ha annunciato di pubblicare per ” confutare le bugie di Putin “. Sarà mai fatta giustizia? O sarà l’ennesimo caso archiviato con qualche responsabile in carcere e mille domande irrisolte?