Il bisogno di celebrare una Giornata Internazionale della Donna è una diretta conseguenza degli abusi e soprusi che il gentil sesso è ancora costretto a subire ed osteggiare.
La problematica non è esclusivamente circoscritta al mondo del lavoro, la parificazione dei salari, il numero di donne con incarichi di prestigio o di pregiudizi nutriti circa le discendenti di Eva, bensì si tratta di un’allarmante dramma sociale: la violenza di genere.
“Rispetto” è una parola decisamente abusata l’8 marzo, quando viene pronunciata anche da persone che di fatto non hanno una vera considerazione delle donne.
Proprio alla vigilia della “festa della donna” è stato arrestato a Scampia un uomo che perseguitava la ex.
Lo scorso novembre Vincenzo Trignano allaccia una relazione con una donna che però -forse accortasi dello strano atteggiamento del 47enne- tronca la storia a soli 20 giorni dal primo appuntamento. Da lì parte il calvario della 42enne diventata vittima dell’ossessione di Trignano che, non accettando il rifiuto, prende a tormentarla arrivando perfino a sequestrarle il cellulare per poter controllare le telefonate.
La signora decise di raccontare tutto alla polizia, stanca di vivere nella paura e nell’ansia continua. L’uomo, già noto alle forze dell’ordine per la denuncia di possesso di un manganello di 40 cm, continua ad insistere e minacciare la donna che accetta di vederlo “per un’ultima volta” in presenza di una sua amica: Vincenzo Trignano non sa che appostati nelle vicinanze ci sono numerosi agenti pronti ad ammanettarlo.
Quando i poliziotti intervengono, il molestatore li aggredisce aggiungendo alla propria fedina penale i reati di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni personali dolose, dato che nel corso del corpo a corpo ferisce un agente. Nonostante questo, l’operazione riesce: l’uomo viene arrestato e i gendarmi, nel corso di una perquisizione, trovano due telefonini contenenti numerose prove e alcune tessere uguali a quelle in dotazione alle forze dell’ordine. Naturalmente, anche questo costituirà un capo d’accusa a carico di Trignano, imputato principalmente per il reato di stalking.
Dall’emanazione della legge che disciplina tale crimine, risalente al 2009, ad oggi le denunce per stalking sono state più di 51mila ed il 77% di queste sono partite da donne. Il nostro ordinamento prevede per gli stalker una pena detentiva dai 6 mesi ai 5 anni ma questa “garanzia” a tutela delle numerose martiri sta attualmente vacillando: all’interno del decreto svuota-carceri, la cui approvazione sta tenendo banco, c’è una norma che depenalizza lo stalking. Il fatto è stato denunciato dall’ex ministra alle Pari Opportunità, Mara Carfagna, che ha sottolineato il bisogno di incarcerare gli aguzzini: in un caso su tre il persecutore continua a torturare la vittima anche dopo la denuncia e non è raro che questi episodi si tramutino in casi di omicidio. L’incertezza della pena porterebbe alla crescita del “numero oscuro”, la percentuale di donne che non denuncia per scarsa fiducia nelle autorità.
E’ tristemente noto che, forse anche a causa della scarsa incisività della giustizia istituzionale, in Italia le donne non hanno vita facile: in occasione della Giornata Internazionale della Donna, l’UNICEF ha pubblicato un video intitolato “No alla Violenza” che riporta le vicende più cruente dell’anno nelle quali sono coinvolte donne, bambine e ragazze. Dopo aver ricordato le giovani rapite da Boko Haram, le schiave dell’IS in Iraq, le pargolette usate come kamikaze in Nigeria, le adolescenti stuprate del branco in India e quelle fuggite dalla guerra dalla Repubblica Centrafricana, l’ente commemora anche le vittime del femminicidio in Italia. A quanti l’accostamento Paesi in Via di Sviluppo/Paese civile ed occidentale sembra azzardato, basti ricordare il dato saliente del fenomeno: una vittima ogni due giorni.