” Era lei la più nobile, la più potente, la più ricca, la più bella, la più rispettata, la più temuta, lei duchessa, lei signora, lei regina di forza e di grazia. Oh poteva salire gloriosa i due scalini che facevano del suo seggiolone quasi un trono; poteva levare la testa al caldo alito dell’ambizione appagata che le soffiava in volto. Le dame sedevano intorno a lei, facendole corona, minori tutte di lei: ella era sola, maggiore, unica.” (Matilde Serao)
Anna Carafa della Stadera ( 1607-1644 ) nobil donna per stirpe da generazioni, non sapeva che sarebbe passata alla storia, come la leggendaria e perfida Signora del Palazzo Donn’Anna.
Principessa di Stigliano, era figlia unica di Antonio Carafa della Stadera, duca di Mondragone e di Elena Aldobrandini, nipote di Papa Clemente VIII. Ricca ereditiera, temuta e rispettata, andò in sposa al vicerè di Napoli Ramiro Felipe Nùñez de Guzmàn , da cui nacquero tre figli.
Pur essendo una castellana e una viceregina, questi titoli all’ambiziosa Anna sembravano non bastare per saziare la sua fame di notorietà e prestigio. Nel 1638, acquistò tutti i diritti dal Regio Demanio, e fece di Portici, Torre del Greco, Resina e San Giorgio a Cremano, una baronia. Le pretese di Anna diventarono sempre più ampie e lei le usò con brutale disinvoltura. Pretese il diritto di bandire la caccia e laddove era necessaria, reclamava un quarto della selvaggina abbattuta; stabilì delle tasse sugli atti civili, sulle donazioni e sugli alloggi militari; proibì la macellazione privata; sostenne le spese del castello, con una quota dei proventi della mietitura e della pesca.
Benedetto Croce di lei disse: ” Nè mai feudatario inventò tanti sottili mezzi per succhiare il sangue ai suoi vassalli, quanti ne seppe escogitare la ricchissima viceregina “
Per volontà di Anna, iniziò la costruzione del famoso Palazzo Donn’Anna a Posillipo. Il progetto fu affidato a Cosimo Fanzago, che nel 1642 approntò un disegno secondo i canoni del Barocco Napoletano che prevedesse tra le altre cose anche la realizzazione di un doppio punto d’ingresso, uno sul mare ed uno da una via carrozzabile che si estendeva lungo la costa di Posillipo (che conduce al cortile interno dell’edificio). Per la costruzione del palazzo, fu necessario demolire una preesistente abitazione cinquecentesca (villa Bonifacio). Il Fanzago, però, non riuscì a completare l’opera per via della prematura morte di Donn’Anna, avvenuta in un contesto di insorgenza popolare a causa della temporanea caduta del viceregno spagnolo con la conseguente fuga del marito della stessa verso Madrid (1648).
Le leggende legate a questo palazzo sono varie.
Donna Anna Carafa amava organizzare magnifici ricevimenti a cui partecipava tutta la nobiltà spagnola e napoletana. Durante una di quelle feste era stato allestito, in fondo al salone, un teatrino per lo spettacolo di una commedia, i cui attori, erano tutti nobili. Tra essi vi era anche la bellissima e giovane Donna Mercedes de las Torres, che recitava nel ruolo della schiava innamorata del suo padrone interpretato da Gaetano di Casapesenna.
I due recitarono con tale passione che nella scena finale del bacio tutti applaudirono con entusiasmo, tranne Donna Anna che invece impallidì logorata dalla gelosia nel vedere il suo amante baciare appassionatamente la giovane Mercedes. Nei giorni seguenti, le due donne si scontrarono violentemente e poi all’improvviso Donna Mercedes scomparve misteriosamente.
Si sparse la voce che si fosse rifugiata in un convento in seguito ad un’improvvisa vocazione religiosa, ma il povero Gaetano la cercò disperatamente senza sosta in Italia, Francia, Spagna ed Ungheria, pregò, supplicò e pianse tutte le lacrime che aveva, fino a quando non morì in battaglia. La gelosia di Donna Anna le aveva avvelenato l’anima e quel livore non l’abbandonò mai, fino alla fine dei suoi giorni.
Secondo questa leggenda nel palazzo appaiono, di tanto in tanto, il fantasma della crudele Donna Anna e le presenze dei due sfortunati amanti, Mercedes e Gaetano, che si cercano disperatamente in eterno.
Quei fantasmi sono quelli degli amanti? O divini, divini fantasmi! Perché non possiamo anche noi, come voi, spasimare d’amore anche dopo la morte? (Matilde Serao)
Un’altra leggenda racconta che che Giovanna I d’Angiò, regina di Napoli (1326 – 1382) sia stata un’inquilina di Palazzo Donn’Anna, nel corso della sua turbolenta vita. Donna fortemente lussuriosa, si diceva che andasse continuamente in cerca di tutti gli aitanti giovani della zona, dei quali faceva letteralmente scempio. Una volta condotti nelle sue stanze e consumato l’amplesso, li faceva puntualmente uccidere tramite qualche suo servitore oppure attraverso qualche altro espediente, tipo trabocchetti in mare, laddove il malcapitato di turno cadeva vittima di qualche famelico animale marino, ma anche profonde fosse munite di punte di spada, denti di forcone e lame di rasoio.
Chiunque si trovi a passare nei dintorni, non può fare a meno di ascoltare i pianti e i lamenti degli sventurati amanti della perfida regina Giovanna, ancora oggi pronti a reclamare giustizia e la pace della loro anima.
A parte le citazioni della Serao e le leggende che lo circondano, il Palazzo Donn’Anna, con la sua enorme mole in tufo, a picco sul mare, resta un capolavoro ricco di fascino e le sue piccole finestre senza vetri, sembrano occhi misteriosi che scrutano la città.