Il Dipartimento di Prevenzione Area di Sanità Animale dell’ASL Napoli 2 Nord ha sancito il divieto della raccolta di mitili nel campo di allevamento “Punta Cento Camerelle”.
Il provvedimento è stato preso in seguito al monitoraggio dell’area da parte dell’Istituto Zooprofilattico di Portici che lo scorso 24 febbraio aveva rivelato il virus dell’epatite A ed il Norovirus in un campione di cozze.
Fabio Postiglione, presidente dell’Irsvem, rassicura l’opinione pubblica circa un rischio per la salute generale: “Gli interventi del servizio sanitario pubblico sono stati così celeri da scongiurare ogni pericolo. Sono attualmente in corso ulteriori analisi sui mitili e sullo specchio d’acqua, al fine di individuare l’origine del problema. La coltivazione è stata bloccata, e la partita in cui sono stati rinvenuti gli agenti virali è stata ritirata ancora prima di essere messa in commercio“
Il caso è giunto al ministero della Salute, che ha lanciato l’allarme in una nota: stop al consumo delle cozze provenienti da Bacoli, anche se da quanto emerso fin ora l’infezione interesserebbe solo i mitili della specifica area della Punta del Poggio.
L’Istituto Zooprofilattico è adesso impegnato nell’esame di revisione del lotto incriminato e posto sotto sequestro.
Per comprendere al meglio, quali sono i rischi ai quali viene esposto un individuo che contrae l’epatite A è bene esplorare caratteristiche, sintomatologia e conseguenze legate alla suddetta patologia altamente contagiosa che interessa il fegato.
Alla base di tutto, si colloca un piccolo RNA virus, chiamato HAV (o virus dell’epatite A), che si trasmette attraverso il consumo di alimenti e bevande contaminate o tramite il contatto diretto con persone infette. Seppur, la A non sia così pericolosa, al pari delle altre forme di epatite, anche se di rado, può complicarsi nella temibile epatite fulminante; per questo motivo, è bene non sottovalutarla ed adottare tutte le norme necessarie a prevenirla.
Segni e sintomi dell’epatite A in genere non appaiono prima di un mese dal momento in cui il virus è stato contratto: affaticamento, nausea e vomito, dolore o fastidio addominale, soprattutto nella zona del fegato sul lato destro sotto le costole inferiori, perdita di appetito, febbre bassa, urine scure, dolore muscolare, prurito, ittero, ovvero, ingiallimento della pelle e degli occhi. In alcuni individui, invece, si sviluppa una forma molto leggera tanto da essere asintomatica.
Il virus dell’epatite A si replica nel fegato e viene eliminato all’esterno tramite le feci. Per questo motivo, la prevenzione dell’epatite A si basa sull’adozione delle norme igieniche fondamentali, come: lavarsi spesso le mani, pulire gli alimenti e cuocerli generosamente prima del consumo. In presenza di un’infezione lieve, la malattia si risolve spontaneamente anche in assenza di trattamento medico. A differenza dell’epatite B e C, l’infiammazione epatica sostenuta dall’HAV ha un decorso acuto, non cronicizza, non facilita l’insorgenza di cirrosi e cancro al fegato nel lungo periodo e non lascia la condizione di portatore cronico.
Nei bambini, in particolar modo, l’evoluzione è generalmente favorevole, mentre nei ragazzi e negli adulti può causare manifestazioni più importanti. I sintomi insorgono spesso in maniera brusca, tanto che il malato può confonderli con quelli tipici di una gastroenterite (influenza intestinale) e – come detto – perfino guarire spontaneamente senza venire a conoscenza delle sue reali condizioni di salute.
In rari casi, l’epatite A può causare un’insufficienza epatica acuta, ossia, una perdita di funzionalità del fegato che si verifica improvvisamente. I soggetti che presentano il più elevato rischio di questa complicanza sono quelli affetti da malattie croniche del fegato e le persone più anziane. Questo quadro richiede l’ospedalizzazione per il monitoraggio e il trattamento; in alcuni casi, può ritenersi necessario un trapianto di fegato.
Tuttavia, non esiste un trattamento specifico per l’epatite A: il corpo si libererà del virus autonomamente. Nella maggior parte dei casi, il fegato guarisce completamente in un mese o due senza alcun danno permanente.
La cura, quindi, di norma è prettamente incentrata su come affrontare i segni e sintomi dell’infezione.