Un terzo degli utenti Internet oggi accede a contenuti online mediante i telefoni cellulari. Nel 2014 si è registrato un aumento del 67% rispetto al 2013. Al punto che secondo diverse ricerche è previsto un incremento notevole della “dipendenza da Smartphone”.
Accompagnata dal rischio di una nuova ondata psicopatologica per via della natura “compulsiva e alterante” dei Social Media, del gioco e delle altre forme di intrattenimento online. E non investe solo i ragazzi, molta gente ormai è su Facebook o Twitter, spinta dal bisogno di essere in contatto con altri.
Lo chiamano “FOMO factor” (“Fear Of Missing Out”), questo bisogno ossessivo di essere costantemente online, a monitorare tutto quello che succede, per paura di perdersi chissà cosa, mentre quello che si perde è il contatto con la realtà; viene a crearsi un mondo surreale che ha un grande impatto sulla natura sociale.
Sono già molti i genitori di giovani e bambini che hanno espresso forte preoccupazione riguardo l’uso eccesivo degli Smartphone, al punto che i propri figli sembrano non essere più in grado di parlare o comunicare senza l’ausilio della tecnologia.
Alcuni utenti di social network, sia bambini che adulti, cominciano ad esibire lo stesso tipo di sintomi dei dipendenti da alcool, droga e scommesse. Se privati del loro Smartphone, diventano ansiosi, nervosi, gli sudano le mani. Alcuni perdono anche il sonno.
Alcune recenti ricerche mostrano che il costante rafforzamento positivo derivato dall’attività online, come ottenere un “Mi Piace” su Facebook, aumenta i livelli della serotonina, il neurotrasmettitore capace di stimolare il senso di benessere, il ché può portare verso un pericoloso attaccamento ai Social Media. “Può facilmente diventare ossessivo”.
Potremmo sicuramente collocare in questa categoria Lacey Spears, madre-single di New York, diventata famosa per la cronaca via twitter della sua personale ‘via crucis’ per i problemi di salute del figlioletto. In realtà si è dimostrata una sadica killer.
I giudici l’hanno condannata a 25 anni di reclusione per l’omicidio del figlio di 5 anni che ha consapevolmente avvelenato iniettando nel suo corpo, attraverso una sonda gastrica (un tubicino che passando attraverso il naso raggiungeva direttamente lo stomaco del bambino per alimentarlo), dosi letali di comune sale (cloruro di sodio).
La madre, se così può chiamarsi un mostro del genere, facendo passare dalla sonda gastrica le dosi letali di sale, otteneva che il bambino accusasse solo terribili dolori ai reni causati dal cloruro di sodio, ma non essendogli somministrato per bocca, il piccolo non poteva fornire ai dottori indicazioni utili per spiegare cosa stesse facendo la donna.
In tribunale sono stati mostrati due video che immortalavano la donna mentre portava il figlio al bagno dell’ospedale con la sonda gastrica, e a casa le sono state trovate due sacche da collegare al tubicino piene di sale: In una c’era l’equivalente di 69 pacchetti di sale.
La procura e’ riuscita dimostrare come la donna fosse divenuta patologicamente dipendente dall’attenzione che riceveva su Twitter per la malattia del figlio. Non solo, nella cronologia del suo computer sono state trovate ricerche specifiche sui danni causati dal cloruro di sodio ad alti dosaggi.
Fino a questo momento le principali patologie legate all’utilizzo smodato di internet erano spesso legate ad attività ben precise, tra cui la pornografia online o il gioco d’azzardo. In questo caso invece ad essere considerato patologico può essere semplicemente un utilizzo spasmodico di tutta la rete, e soprattutto dell’attaccamento morboso ai social network. Patologie, queste di ultima generazione, che dovrebbero far riflettere.