Non di rado i ragazzini di oggi sperano di poter lavorare come modelli, a volte confondendo il sogno di lavorare nella moda vera e propria con la più frequente possibilità di fare qualcosa come ragazza immagine, o standista, o figurante in qualche produzione cine o TV.
Troppo spesso, vige il principio che la capacità di seduzione sia il massimo valore femminile, così come la capacità predatoria lo sia per il maschio, capovolgendo così il sistema dei valori, mai così sfibrato come oggi.
In molti casi si arriva a perdere il rispetto di sé e degli altri; la sessualità viene spesso vissuta non come scambio emotivo ma come prestazione, ad aggiungersi talvolta anche soggetti senza scrupoli che approfittano delle debolezze adolescenziali.
A tal proposito uno degli ultimi episodi di cronaca: Adescavano adolescenti promettendo una carriera da fotomodella ma facevano in realtà scivolare le ragazze nel baratro della pedopornografia.
Così è avvenuto l’arresto del fotografo romano e di altre quattro persone indagate per pornografia minorile dal pm Alberto Landolfi della procura di Genova e anche un pornoattore originario della Tanzania. L’uomo avrebbe girato almeno due film hard con una ragazzina di 16 anni che sperava di diventare fotomodella.
Le avevano promesso una carriera splendente da modella, ma le avevano anche detto che doveva scendere a compromessi anche se giovanissima, così hanno raggirato la minorenne, studentessa genovese di buona famiglia.
«Se vuoi fare strada nel mondo dello spettacolo, devi fare anche quelli», le diceva il fotoreporter romano intercettato dagli agenti della polizia postale. I suoi ‘orchi’ avevano allestito all’ interno di studi fotografici o alberghi di Roma, Savona, Milano veri e propri set cinematografici; si tratta di persone tra i trenta e sessant’anni originari di Genova, Savona, Roma e Milano.
Tra gli indagati ci sarebbe anche un ispettore di polizia giudiziaria dell’Asl3 ed anche dipendenti del pubblico impiego (autisti di autobus, orafi, impiegati, controllori di Amt, metalmeccanico).
La sedicenne veniva pagata fino a 250 euro per fornire queste prestazioni sessuali. Con i proventi, è stato monitorato, faceva shopping e comprava oggetti hi tech. La studentessa genovese era stata agganciata attraverso la pagina di Facebook.
I genitori inizialmente avevano dato il consenso a quegli scatti, ma poi sono stati loro a scoprire che le foto non erano artistiche ma pornografiche. In particolare la giovane veniva costretta a posare in foto «met art», di cui il nome dell’operazione di polizia, un tipo di nudo particolarmente scabroso.
La legge che protegge l’immagine dei minori è fortemente restrittiva e protettiva, e non riguarda solo il posare in situazioni più o meno discinte. Un minore teoricamente non può comparire senza liberatoria neanche di sfuggita e causalmente in una foto street o in un servizio del telegiornale (infatti non vengono quasi mai inquadrati in viso).
Dunque, se la legge tutela in qualche modo il minore, nostro compito è senza alcun dubbio quello di prestare attenzione a rispettarla e farla rispettare.
Non crea stupore il fatto che una ragazzina sogni di fare la modella, ciò che va monitorato è la modalità mediante cui si cerca di intraprendere questa strada.