Il libro” Terra dei Popoli”, edito da “La Scuola”, casa editrice milanese, si presenta così: “Con una forte connotazione umanistica, il corso presenta i popoli nel loro ambiente, attraverso un impianto che ripartisce la geografia in climatico-fisica, economica e umana”. Una presentazione consueta per un libro di geografia delle scuole medie.
Recentemente, però, molti genitori e insegnanti partenopei hanno polemizzato contro questo libro. Ritenevano che, in alcune parti, venissero proposti stereotipi e frasi discriminatorie nei confronti dei napoletani. Contenuti che si potrebbero” radicare” nelle menti delle nuove generazioni , alimentando pregiudizi e considerazioni sbagliate.
In particolar modo, sono stati contestati lacerti del libro in cui si descrivono, quasi come i personaggi di un romanzo, ” il trevigliese” e ” il sorrentino”.
“Il trevigliese che abita a metà strada tra Bergamo e Milano […] risente di questi due punti di riferimento: del bergamasco possiede certamente il senso del lavoro, un lavoro molto intenso, svolto con semplicità ed orgoglio […]; del milanese manifesta una certa ambizione, senza però possederne la cultura e l’apertura” .
Invece, il sorrentino è: “Di carattere aperto come tutti i popoli meridionali, i sorrentini sono simpatici e chiacchieroni […]. Non è vero che rifuggono dal lavoro: piuttosto non sono in possesso di una mentalità che sa quando e come rischiare, così che le aziende private sono poche e prevalgono lavori di tipo statale. Questo non è sufficiente per realizzare una fiorente economia […]. Il senso di appartenenza è molto forte, tanto che il dialetto napoletano è ancora molto parlato e sembra quasi una lingua vera e propria”. Affermazioni nemmeno troppo vere se si pensa che l’economia sorrentina si basa essenzialmente sul turismo e che il dialetto napoletano ” non è un dialetto, ma una lingua” , come stabilito dall’UNESCO.
Ironico il commento di una docente: ” Il libro si chiama: luoghi comuni e stereotipi culturali?”. Aldilà della natura condivisibile o meno delle polemiche rivolte al libro, la questione si presenta come lo specchio di un’Italia poco coesa, che dal 1861 ha ricevuto l’unità statale, ma che difficilmente può dirsi ” un’ unica nazione”.