Nel terzo millennio non sembravano questi i problemi di cui ci saremmo dovuti occupare.
Eppure non sono serviti anni di lotte per evitare gli sfruttamenti: fingendo di dover consegnare volantini pubblicitari, l’Ispettorato del lavoro ha effettuato un blitz in una fabbrica di Grumo Nevano (Napoli) con risultati inquietanti.
Il primo scenario che ha raggiunto Ida Giannetti, la coordinatrice del gruppo di carabinieri, è stato quello che ha colpito le sue narici: una puzza, mista tra sudore e umidità.
Poi la luce al neon che invadeva il seminterrato, in quanto non vi erano nè porte nè finestre da cui potesse provenire raggio di sole o spiffero che ricambiasse l’aria.
In seguito i tredici immigrati senza contratto, soprattutto bengalesi e pachistani, che, nascosti in questo scantinato di un comune condominio, costretti a cucire giacche da uomo. I carabinieri sono convinti che persino la proprietaria, bengalese anche lei, sia una prestanome e quindi le indagini continuano.
Tutti questi “schiavi” (perché solo così si può definire chi lavora per 13-14 ore al giorno con una “paga” di 1.50 € a giacca), tra cumuli di stoffa “made in Italy”, erano uomini che prestavano servizio in condizioni precarie, in quanto sarebbe bastata una piccola scintilla per attizzare un incendio.
Naturalmente, tutta le merce è stata sequestrata, fino a contare un valore di quasi un milione di euro.