Si terrà giovedì a Roma la conferenza di presentazione del nuovo rapporto di Save the Children, “Mamme in arrivo”. Il documento è un’analisi del percorso di nascita in Italia, cioè di quel delicato iter che termina con la venuta al mondo di un bambino e che include la gravidanza, il parto e l’inizio dell’esperienza come genitore e l’accudimento poi del neonato.
A pochi giorni dalla tragedia di Catania, dove una neonata è morta poche ore dopo il parto perché bisognosa di terapia intensiva, Save the Children ha presentato il suo rapporto, appunto, “Mamme in arrivo” in cui descrive i risultati del progetto “Fiocchi in Ospedale” per l’accompagnamento di madri e genitori in tre ospedali italiani (Niguarda a Milano, Policlinico di Bari e Cardarelli di Napoli) mediante uno sportello aperto tutti i giorni, e incontri su: allattamento, nutrizione, igiene, cura del bambino.
Per le mamme più vulnerabili è previsto un sostegno materiale oltre che psicologico. Ad oggi hanno usufruito del servizio 2.093 madri e sono stati presi in carico 423 neonati.
In particolare il rapporto, si sofferma sugli aspetti sia sanitari che sociali di tale percorso, facendo un punto sui servizi, interventi e misure deputati all’assistenza medico-sanitaria e al supporto sociale della mamma, del bambino e del nucleo familiare, prima e dopo il parto.
«Con il rapporto “Mamme in arrivo” abbiamo cercato di documentare le disfunzioni di una rete sanitaria che, pur essendo riconosciuta come una delle migliori al mondo, non assicura dappertutto e in ogni circostanza le condizioni di sicurezza fondamentali, come accaduto per la bambina neonata di Catania la cui morte è inammissibile. Inoltre, abbiamo posto l’attenzione sul sostegno “sociale” al percorso nascita, cioè sull’insieme di servizi, misure e politiche che dovrebbero essere a disposizione della mamma e della coppia affinché il parto e la maternità siano vissuti in modo positivo» spiega Raffaela Milano, direttore Programmi Italia-Europa di Save the Children.
In Italia si nasce poco, e i figli sono sempre meno. Così negli anni, continua la tendenza in discesa delle nascite, sebbene con una minima ripresa nel 2013. Per il secondo anno consecutio i nuovi nati sono stati 514.000; L’80% da donne italiane. Il tasso di fecondità è di 1,29 nel 2013 (nel 2008 era pari a 1,34), molto inferiore alla media europea che si attesta a 1,58 figli per donna.
“Assistiamo a una denatalità impressionante che porterà in pochi decenni ad un invecchiamento massiccio del nostro Paese – sostiene Marcello Lanari neonatologo e direttore della pediatria di Imola – le motivazioni sono da ricondurre essenzialmente a problematiche sociali, quali difficoltà abitative, precarietà del lavoro, carenza di strutture a sostegno della famiglia e assenza della rete di sostegno visto il cambiamento radicale del nucleo famigliare passato dalla famiglia patriarcale alla monogenitorialità”.
Ulteriore fattore da non sottovalutare, riguarda la mortalità infantile. Nel 2011 sono avvenuti 2.084 decessi (nel 1887 erano 400.000). Si è passati da 347 decessi per 1.000 nati vivi a meno di 4 per 1.000 nati vivi, il tasso italiano è inferiore a quello medio europeo. I tassi di mortalità infantile più elevata al primo anno di vita sono in Sicilia, Campania, Lazio e Liguria. Peggiora la condizione delle coppie con figli, solo nel 2013 in Italia si registrano un milione e 434 mila minori in condizioni di povertà assoluta.
Dati allarmanti, ulteriormente evidenziati dai circa 400 neonati che ogni anno, non sono riconosciuti dalle madri e vengono lasciati in ospedale.
Non va meglio per quanto riguarda i servizi territoriali per la salute materno-infantile: i consultori si sono ridotti di numero negli anni e attualmente sono 1.911, circa 1 ogni 29 mila abitanti; la copertura degli asili nido pubblici riguarda solo il 13% dei bambini 0-2 anni e scende ulteriormente in alcune regioni,toccando quota 2% circa in Calabria e Campania: d’altra parte è appena del 4,8% la percentuale di risorse destinate alle famiglie, sul totale della spesa sociale.
«Il percorso nascita non può continuare ad essere a ostacoli e bisogna intervenire perché, insieme al miglioramento dell’assistenza sanitaria, si rafforzi la rete degli interventi sociali per le neo-mamme e coppie, assicurando continuità di cura fra ospedale e territorio e il coordinamento degli interventi di sostegno del percorso nascita, inclusi quelli delle organizzazioni non profit, come il progetto Fiocchi in Ospedale di Save the Children», sottolinea Raffaela Milano. «Inoltre – conclude – per prevenire situazioni di maltrattamento, abuso o di grave disagio materno è necessario definire protocolli che escludano, in qualsiasi circostanza, le dimissioni ospedaliere di una neo mamma che mostri gravi condizioni di fragilità sociale o psicologica, senza una adeguata presa in carico, da attivarsi già durante il ricovero ospedaliero».