In questi ultimi giorni, le immagini della decapitazione del poliziotto iracheno che indossava la maglia del Napoli hanno letteralmente seminato scompiglio e suggestione tra il popolo del web dal sangue azzurro.
Migliaia di persone si sono mobilitate per scoprire/capire se l’uomo cruentemente giustiziato fosse un supporter azzurro o meno. Come se quello fosse l’unico, sostanziale ed imprescindibile, tratto saliente della vicenda.
In queste ore, tristemente serpeggiano sulla rete, immagini forti, macabre, raccapriccianti. Sintomatiche di una follia omicida e di una consequenziale terrorizzata disperazione che non vogliono e non sanno placarsi.
La paura, legittimamente, non può placarsi.
In queste ore, a catturare l’attenzione del mondo sono le immagini di alcuni bambini, vestiti con una tuta arancione che non rappresenta i colori sociali di nessuna squadra, ma che sovente introduce e personifica la morte.
Quella tuta arancione abbiamo imparato a conoscerla e riconoscerla, in quanto tristemente divenuta nota come l’indumento degli ostaggi dell’Isis.
Bambini in una tuta arancione e chiusi in gabbia.
Chiusi in gabbia come Muath al-Kasaesbeh, il pilota giordano bruciato vivo dai jihadisti.
Due elementi che non lasciano presagire nulla di buono e che disegna in quelle innocenti vite un finale tutt’altro che fiabesco.
In realtà, quelle immagini rappresentano la denuncia che alcuni ribelli, oppositori di Assad, che a Douma, quartiere di Damasco, hanno inscenato avvalendosi di una singolare protesta.
Una macabra messa in scena ideata dagli attivisti siriani che si battono contro Bashar al Assad accusato di massacrare migliaia di oppositori nel silenzio internazionale.
Il messaggio è chiaro: mantenere l’attenzione viva sulla tragica situazione del popolo siriano, perché nel paese a morire carbonizzati sono anche e soprattutto tanti bambini.
Anche se l’attenzione della comunità internazionale si sta gradualmente spostando su altre zone del Medio Oriente e sulla Libia, queste immagini ricordano e rilanciano, in maniera cruenta e marcata, l’orrore che vige in Siria.
Proprio allo scopo di attirare l’attenzione dei media sul bombardamento di Douma, quartiere di Damasco in mano ai ribelli, gli oppositori hanno pensato di costruire una gabbia simile a quella utilizzata dal’Isis per uccidere il pilota. I piccoli attori mostrano cartelli “Basta uccidere bambini”, “I vostri giornali parlano del pilota giordano arso vivo ma non parlano dei bambini carbonizzati di Douma”.
Secondo una stima dell’Osservatorio siriano dei diritti umani, a Douma nei primi giorni del mese sono state uccise oltre 180 persone, 55 delle quali donne e bambini.