Non appena sono stati notificati i primi esiti dell’esame autoptico sul cuore di Pino Daniele, ritornano a tenere banco e si fanno sempre più incalzanti le voci, le illazioni e le accuse, intorno alle ultime ore di vita, concitati e sofferte, del cantautore partenopeo.
Così, Amanda Bonini, l’ultima compagna di Pino Daniele, nonché la donna che ha accompagnato il Mascalzone latino durante quel suo ultimo viaggio, rompe il silenzio e racconta all’Ansa tutti i dettagli di quella disperata corsa verso Roma.
Quella sera del 4 gennaio «Pino Daniele riferiva continuamente i sintomi di quello che gli stava accadendo. Quando il navigatore indicava che mancavano sei minuti all’ospedale S.Eugenio, ha smesso di parlare, credevo fosse svenuto»: la compagna del cantautore Amanda Bonini arricchisce di nuovi dettagli il racconto di quella notte, dopo aver letto sui giornali le indiscrezioni relative all’autopsia, secondo le quali un’ostruzione ad un by-pass potrebbe essere tra le cause della morte.
La Procura di Roma indaga per capire se, con un intervento più tempestivo, Pino Daniele avrebbe potuto salvarsi. Amanda racconta: «Non voleva farsi mettere le mani addosso da nessuno che non fosse il suo cardiologo di fiducia. Non aveva i sintomi dell’infarto e voleva essere portato a Roma». A chi la accusa di non aver saputo gestire la situazione, Amanda risponde: «Non lo abbiamo contraddetto per non farlo agitare di più. Pino era determinato e autoritario. Nessuno avrebbe potuto fargli cambiare idea».
In auto «diceva di sentire un formicolio alle gambe e pensava che fosse un ictus». «Sono serena – conclude – perché ho rispettato la sua volontà. Ora mi sento come Cristo in croce. È stata una tragica fatalità. Quando mi sveglio – dice Amanda che ha ripreso il suo lavoro di insegnante – la vita mi sembra un incubo e a volte penso che non vorrei svegliarmi più».
Poi precisa che nella casa di campagna in Toscana «c’erano, oltre ai due figli più piccoli di Pino e alla sua figlia più grande, Cristina, anche i miei, Francesco 18 anni, che su mio ordine ha chiamato l’ambulanza dal cellulare, ed Eleonora, 15 anni».
Ambulanza che, una volta arrivata, fu rimandata indietro perché Amanda e Pino erano già in auto per raggiungere Roma. Amanda riferisce ancora: «In casa Pino aveva avuto credo un calo di pressione e gli avevamo sollevato le gambe. Poi si era ripreso. Ho letto che un avvocato della moglie ha detto che sarebbe stato caricato in auto. Questa circostanza è inverosimile perché per me che peso 60 chili sarebbe stato impossibile sollevare un uomo di 130 chili».