Le indagini relative all’omicidio di Angelo Vassallo, il sindaco pescatore di Pollica, potrebbero giungere ad una svolta decisiva.
Entro un mese, massimo quaranta giorni dovrebbe tornare in Italia, Bruno Humberto Damiani De Paula detto “il Brasiliano”, il principale indiziato, ad annunciarlo è il suo legale, Michele Sarno.
«L’autorità colombiana – ha dichiarato l’avvocato – ha firmato il nullaosta, avviando la procedura per l’estradizione. Le carte sono arrivate al ministero italiano competente e ora quest’ultimo deve controfirmare. Tutto, dunque, è in mano all’ autorità italiana. Appena verranno controfirmate le carte, il mio assistito tornerà in Italia».
Damiani fu arrestato nell’ottobre del 2011, all’aeroporto di Bogotá, ricercato dalla giustizia italiana per traffico di droga, ma, fin da subito, gli inquirenti hanno ritenuto che l’uomo potesse essere personalmente coinvolto o comunque in grado di fornire informazioni utili a ridisegnare lo scenario che ha portato all’uccisione del sindaco Vassallo, la sera del 5 settembre 2010, all’interno della sua auto lasciata con il finestrino abbassato, il freno a mano tirato e il cellulare ancora in pugno. Ucciso con 9 colpi di pistola esplosi da un’arma mai ritrovata.
Difatti, l’uomo, in seconda battuta è divenuto il principale indagato e sul suo capo attualmente pende l’accusa di omicidio volontario con l’aggravante del metodo mafioso.
Secondo la procura di Salerno, l’uomo sarebbe a capo di un’organizzazione che aveva avviato un’attività di spaccio di droga lungo la costa cilentana, in particolare ad Acciaroli. L’istanza di estradizione, difatti, era stata inviata per un altro procedimento, relativo allo spaccio di droga nel territorio di Acciaroli nell’estate del 2010, seppure il nome di Damiani venne fuori nelle ore immediatamente successive all’omicidio di Vassallo.
La svolta che ha consentito di iscrivere il suo nome nel registro degli indagati è giunta grazie a due collaboratori di giustizia che avrebbero fornito dettagli importanti in merito al ruolo ricoperto dall’uomo in materia di spaccio di droga nel Cilento, sottolineando quanto Vassallo rappresentasse una minaccia in tal senso, perché da sempre in netto contrasto con lo spaccio di stupefacenti nella sua Acciaroli.
Nell’ottobre del 2011, i gip di Salerno e Vallo della Lucania emettono una misura che lo riguarda nell’ambito dell’indagine sullo spaccio di droga: Damiani è chiamato in causa per i rapporti con una famiglia di albergatori di Pollica-Acciaroli e alcuni pregiudicati dell’area Nord di Napoli.
Rapporti intrattenuti anche nelle ore immediatamente precedenti e successive all’omicidio del primo cittadino.
Il «Brasiliano», inoltre, era destinatario di un’ordinanza di custodia cautelare dal 20 giugno 2011 per due tentate estorsioni con l’aggravante del metodo mafioso in concorso con Giuseppe Stellato, alias «Pappacchione» nei confronti di un proprietario di un locale notturno di Eboli e quello di una ditta del mercato ittico di Salerno.
La svolta arriva dalle dichiarazioni di un nuovo collaboratore di giustizia, un salernitano che ha raccontato ai magistrati della direzione distrettuale antimafia i retroscena di alcuni omicidi avvenuti nel capoluogo e in provincia. È lui ad aprire il sipario sulla morte di Angelo Vassallo, confermando quello che per gli inquirenti era già il sospetto della prima ora: a uccidere il sindaco di Pollica, secondo le dichiarazioni del pentito, sarebbe stato Bruno Humberto Damiani. A supporto di quest’accusa, la partenza per il Sudamerica appena tre giorni dopo il delitto.
L’eco di quell’omicidio, quindi, giunse fino a Salerno, dove il collaboratore di giustizia ne venne a conoscenza. Agli inquirenti ha dichiarato di averne appreso i dettagli da suoi familiari, dopo che un parente stretto di Damiani se ne era vantato negli ambienti criminali di Pastena e Mariconda affermando che a sparare era stato il “brasiliano” e che lo aveva fatto per «questioni personali».
L’ipotesi è quella di una vendetta legata agli interventi di Vassallo contro le attività di spaccio, sfociati pochi giorni prima del delitto in un violento alterco con alcuni giovani, nell’ambito del quale lo stesso brasiliano minacciò di morte pubblicamente il sindaco.
Le indagini della Dda di Salerno, coordinate dal procuratore capo Franco Roberti, hanno rivelato che tra il 4 e il 7 settembre Damiani aveva intrattenuto contatti frequenti con due trafficanti di droga di Secondigliano, incontri a cui avevano partecipato anche due albergatori di Acciaroli tuttora sotto i riflettori della Procura.
La prima di queste riunioni, il 4 settembre, si era tenuta a Secondigliano; le altre, a poche ore dall’assassinio, si erano svolte al porticciolo di Agnone (frazione di Montecorice) e al centro di Salerno.
Per la Procura, il collaboratore di giustizia è attendibile, le sue dichiarazioni si sarebbero già rivelate utili per il riscontro delle attività di indagine su altri delitti, come l’omicidio di Donato Stellato avvenuto nel febbraio del 2007. Resta da verificare se siano veritiere le informazioni giunte a lui dagli ambienti criminali della zona orientale del capoluogo. Dalle indagini è già emerso il collegamento tra alcuni ambienti salernitani e le attività di spaccio a Pollica. A fare da trait d’union sarebbe stato Bruno Damiani che per gli inquirenti avrebbe assunto un ruolo preminente nel traffico illecito messo in piedi nella frazione marina di Acciaroli, proprio nell’estate in cui Angelo Vassallo è stato assassinato con nove colpi di pistola. Tutt’oggi, l’assassino che sparò quei nove colpi di pistola contro il sindaco pescatore non ha ancora un volto, ma il nome di Damiani ora è ufficialmente iscritto nel registro degli indagati con l’accusa di concorso in omicidio.
Interrogato dal procuratore Rosa Volpe, volata a Bogotá per velocizzare le indagini, al termine di un colloquio di cinque ore, Damiani, – che è di Salerno ma ha origini brasiliane e pertanto beneficia della doppia cittadinanza – ha respinto l’accusa di aver ucciso il sindaco, negando anche di averlo mai conosciuto e di avere avuto con lui uno scontro pochi giorni prima dell’omicidio, come invece emerse dalle indagini. Ma cinque ore di interrogatorio sono troppe soltanto per respingere le contestazioni: non si può escludere, quindi, che elementi importanti per le indagini ne siano stati raccolti comunque, anche se Damiani ha ripetutamente detto: «Non sono stato io», forte anche dell’esame stube al quale fu sottoposto con esisto negativo all’indomani dell’agguato. «Non conoscevo Angelo Vassallo, non sono io l’autore di quell’omicidio» dichiarò Damiani durante l’interrogatorio.
«Damiani non conosceva Angelo Vassallo ma soltanto la figlia – sostenne il legale di Damiani – che era fidanzata con un suo carissimo amico. Certo sapeva chi era il sindaco di Acciaroli, ma non l’aveva mai incontrato di persona».
In ogni caso, dubbi che la pista che porta agli assassini di Angelo Vassallo sia quella della droga, gli inquirenti non ne hanno più. L’accusa di omicidio premeditato nei confronti del «brasiliano» fa anche escludere che sia ancora in piedi l’ipotesi del delitto d’impeto della lite sfociata in tragedia, inizialmente avanzata. In questi anni le indagini del Ros dei carabinieri non si sono mai fermate, e ormai solo lo scenario che ha come sfondo la droga è rimasto credibile.
Ma il «brasiliano» non è ritenuto il semplice gestore di una piazza di spaccio estiva, e lo dimostrerebbero anche i frequenti contatti che aveva con le bande di Secondigliano.
Compreso l’ultimo: da Acciaroli a Secondigliano il giorno prima del delitto.