<< LaTarantèlla! Tutti la conoscono; è una danza vulcanica come le emozioni che esprime; è la storia d’una passione meridionale in ogni età, in ogni sua fase. Ogni gesto è un’idea, ogni posizione un sentimento(…)>> scriveva Charles Didier nel 1845.
E, in effetti, si tratta di un ballo senza tempo, senza una precisa collocazione storica; tuttavia, un pezzo fondamentale della cultura meridionale, delle sue tradizioni e dei suoi corpi sempre in tumulto.
Il termine Tarantèlla funge un pò da contenitore per tutte quelle danze del sud italia, caratterizzate dai ritmi veloci, in vario metro, ed è plausibile collegare il sostantivo al tarantismo, ossia il complesso fenomeno isterico – compulsivo causato dal morso del ragno, più precisamente della tarantola (Lycosa tarentula), meno pericolosa, e della malmignatta (un ragno più piccolo, ma decisamente più dannoso). La danza frenetica e liberatoria, quindi, diventava terapeutica in vista dell’ espulsione, tramite il sudore, del veleno del ragno. Sia per chi era stato morsicato, sia per chi pensava di esserlo stato.
Ed era nei sei mesi estivi che i suonatori di taranta, giravano le campagne, facendo ballare tutti i tarantolati, inducendoli alla guarigione, e salvandoli dalla pizzicata del ragno; da qui, il nome della pizzica pizzica salentina, che commercialmente, è conosciuta proprio come Taranta.
Sono numerose le tarantelle del sud che, ancora oggi, sono vive nella tradizione delle nostre terre, e prendono un nome diverso, a secondo della zona in cui sono nate e si sono evolute: esiste la tarantella napoletana, la salterella (tarantella abbruzzese), la pizzica (tarantella pugliese), la tarantella montemaranese in Irpinia, la ballarella (la tarantella molisana), la tarantella arbèreschè (dei paesi di etnia arbèreshè), ed altri tipi ancora.
Emblema del sud Italia, la tarantella, risale, per consuetudine storica, al Regno delle Due Sicilie, il quale vide nascere anche versioni colte del ballo, di cui, la più importante è stata La danza di Gioacchino Rossini, una composizione orchestrale.
Tuttavia le origini di questa cultura danzate sono più antiche e più misteriose; Come se fosse figlia di ogni epoca e di ogni religione; attrice nevrotica e sinuosa di molti popoli, i quali, oltre alle leggi verbali e scritte, si sono tramandati la passione ballata. Molti hanno studiato la similitudine tra l’ estasi delle menadi di Dioniso (la scinnide era la danza per Dioniso) e la convulsiva danza delle popolari ebbre, le quali, scaricavano nella tarantella, le tensioni e le frustrazioni raccolte nel quotidiano; Pertanto, si pensa ad una contaminazione pugliese coi flussi migratori Spartani e Achei.
Altri, hanno, invece, sottolineato, la vicinanza della tarantella ad uno stato di Trance, simile a quello che avviene durante i riti mistici del Vudu o della Macumba; in pratica si trattava di una sorta di adorcismo, che si contrappone alla pratica dell’ esorcismo: attirare santi o spiriti nel proprio corpo per aiutarlo nella guarigione.
Nel corso dei secoli, le tarantelle hanno evoluto la loro semantica assieme alla cultura nella quale si innestavano, e col cristianesimo, si è passati da un ballo pagano, sfrenato e senza pudore ad una danza quasi religiosa, che invoca l’ aiuto di Dio e dei Santi, tramite il movimento del corpo. la Tarantella, la taranta, la pizzica o la tammurriata (la danza popolare campana che prende il nome dallo strumento che si usa per crearne i ritmi, la tammorra) sono radicate nella cultura del sud così profondamente, da essere praticate in ogni tipo di contesto, sia privato che pubblico: dalle cerimonie religiose cittadine alle feste private, quali matrimoni o nascite.
Proprio grazie al dinamismo semantico della tarantella, anche il ballo di coppia si è riempito di significato, fino a diventare un rito di corteggiamento, nella pizzica, e una danza bi-partita nella tammurriata. Il fazzoletto, nella prima, indica la provocazione elegante della donna, la quale sceglie il momento in cui cedere all’ uomo, che, con velati movimenti del corpo, la corteggia. Mentre, la tammurriata dà centralità anche al gruppo che attornia la coppia, la quale può anche prevedere attori dello stesso sesso, poiché non si tratta, strettamente, di corteggiamento, bensì di condivisione ritmica. E, nel caso, del ballo di coppia, la componente cristiana è molto forte, siccome non vi è, quasi mai, una forte e continua vicinanza fisica.
Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un “riavvicinamento” ai balli popolari, soprattutto da parte delle giovani generazioni, i quali auspicano ad un ritorno alle orgini, ad una ripresa di tradizioni locali, in contrapposizione ai dominanti “riti globali”. E questo testimonia, senza dubbio, l’ immortalità dell’ attaccamento alla terra, quel viscerale rapporto che si ha con i propri natali, e che non è sempre consapevole.
Ogni anno, a Melpignano, in Salento, l’ ultima domenica di agosto vede riempirsi le strade della città per la Notte della Taranta: giovani, anziani e bambini di tutto il nostro paese partecipano, in massa, a quest’ evento sempre atteso dai tarantolati e non. Tanto che da qualche anno è anche appuntamento televisivo sulle reti Rai, anche per la presenza di ospiti autorevoli, tra cui cantanti italiani di fama indiscussa.
Ed è questa mescolanza generazionale e sociale a dare magia alle danze tradizionali, imperiture come i sentimenti e i colori delle terre del sud, arricchite dalle diverse culture che hanno visto susseguirsi nella storia.
Molti sono i momenti, anche in Campania, dedicati alla tammurriata e alla tradizionale tarantella, sia in occasioni religiose (famosa è la festa, a Pagani, in onore della Madonna delle galline), sia in occasioni puramente ludiche (come la Festa della Tammorra a Somma Vesuviana) in cui gli appassionati si incontrano per dare sfogo all’ arte e all’ incantevole ballo del sud.
C’è voluto tempo prima che una danza pagana, e quasi immorale, come la taranta, fosse socialmente accettata, e fatta divenire una danza cerimoniale di gruppo. Si tratta della trasformazione socio- antropologica di molti riti pagani (quasi profani), in secondo momento integrati e accolti negli scenari collettivi, sempre più regolati dalle religioni dominanti. Si tratta di cambiare, necessariamente, volto senza perdere l’ identità che si porta in grembo.