Nuova e corposa operazione della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli contro lo spaccio di sostanze stupefacenti in Campania che ha sgominato un vero e proprio traffico illecito di droga tra Napoli, Caserta e Salerno.
Gli agenti hanno eseguito 54 ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di affiliati al clan camorristico Falanga.
Gli stupefacenti giungevano a Napoli e successivamente venivano smerciate negli altri due capoluoghi di provincia e da qui era distribuita ai piccoli consumatori. Da quanto si apprende la merce arrivava anche nel Cilento e Vallo di Diano.
L’organizzazione si occupava di diverse tipologie di stupefacenti, cocaina, hashish, marjuana e canapa Indiana, grazie a una fitta rete di spacciatori nel comune di Torre del Greco, Napoli, Massa di Somma, Procida e altri paesi tra le province di Salerno e Caserta.
L’operazione, secondo quanto riferisce il procuratore aggiunto della Repubblica, Giuseppe Borrelli, ha consentito di accertare l’esistenza di una complessa organizzazione, dedita al traffico e allo smercio di sostanze stupefacenti, gestita da esponenti di rilievo della cosca operante a Torre del Greco. Già nel 2012, a seguito dell’operazione ‘Reset’ a carico di 35 affiliati al clan, si era accertato che il sodalizio criminale controllava le estorsioni ai danni dei gestori di videogiochi.
Ora è arrivata la conferma che il clan gestiva anche il traffico di droga e il rifornimento di piazze cittadine. Le indagini hanno ricevuto «un contributo significativo dalle collaborazioni dei protagonisti dell’organizzazione» che, spiega Borrelli, hanno deciso di recidere i rapporti con la criminalità ed il territorio.
L’operazione ha portato anche all’arresto di sei donne-pusher, diventate finanche le principali spacciatrici dell’organizzazione. Le sorelle di Aniello Pompeo, uno dei tanti pentiti del clan Falanga, in particolare, spacciavano al dettaglio in casa, procacciando clienti e portando carichi di droga, da sole o in gruppo.
L’aspetto più inquietante che emerge dalle indagini è, però, il coinvolgimento di due ragazzini. Tra gli indagati, ci sono infatti due adolescenti, un maschio e una femmina, entrambi utilizzati dalle rispettive famiglie come se fossero stati degli adulti. I due ragazzini ricoprivano vari ruoli per conto delle loro famiglie: confezionavano le dosi, poi accompagnavano i parenti a consegnarle agli spacciatori incaricati di rivenderle al dettaglio.
Se l’inchiesta è stata condotta a termine lo si deve soprattutto a Domenico Mimì Falanga, figlio del capoclan “Peppe o’ struscio” e ad Aniello Pompeo, capopiazza del gruppo, a Marco Palomba, Gerardo Caruso, Maurizio Magliulo e ad Isidoro Di Gioia, figlio del padrino Gaetano “o tappo”, scampato all’agguato mortale in cui il padre fu trucidato a Torre del Greco. Grazie alla loro scelta di diventare collaboratori di giustizia è stato possibile ricostruire i movimenti del clan Falanga fornendo i nomi di pusher, spacciatori al dettaglio e corrieri. Indicando ai magistrati gli incarichi criminali di ogni componente della banda.