Vittorio Mezzogiorno nasce a Cercola, in provincia di Napoli, nel 1941. Ultimo di sette fratelli, è cresciuto a Napoli, in viale Elena, per poi spostarsi, durante gli anni della sua carriera d’attore, a Parigi, Roma, Ronchi e Milano, nel palazzo di famiglia della moglie Cecilia Sacchi, dove si spegne nel 1994 a causa di un collasso cardiaco, al termine di una lunga convalescenza.
Frequenta per un anno la facoltà di Medicina, che lascia per laurearsi in Legge. Ma il suo costante desiderio di conoscenza non si limita alla brillante carriera scolastica e poi accademica: i registi e gli interpreti con cui lavora hanno modo di sincerarsi personalmente della vitalità con cui affronta le esperienze teatrali e cinematografiche nelle quali è coinvolto, guadagnandosi le simpatie e la stima dei colleghi e dei maestri che richiedono la sua collaborazione.
Anche grazie all’esperienza maturata recitando per il fratello maggiore, decide di frequentare il Teatro S, prendendo parte a diversi lavori. Nel 1966 la svolta: Eduardo de Filippo lo coinvolge ne ‘ Na mugliera africana , ‘ O mmiedeco d’ e femmene e Il contratto. Durante la sua collaborazione con Aristofane conosce Cecilia, attrice e compagna di vita.
A cavallo tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70 lavora con i Giuffrè e la Masiero in Il cavallo a vapore e La primavera di Praga di Luigi Preti, mentre si concretizzano impegni televisivi e cinematografici, come Il picciotto di Negrin, Cecilia di Comolly, L’assassinio dei fratelli Rosselli di Maestranzi, Il giorno dei cristalli di Battiato e, nell’ 82, Un asino al patibolo di Berlinguer.
Lavora al fianco di Peter Brook in Mahabharata, messinscena del poema epico indiano, tra il 1984 e il 1988, nelle versioni in lingua francese e inglese, ritagliandosi il proprio ruolo sul panorama internazionale, prima del successo italiano de La Piovra, in cui interpreta l’ispettore Davide Licata, andando a sostituirsi al personaggio di Michele Placido.
Vittorio Mezzogiorno è stato un interprete poliedrico, in grado di entrare nell’immaginario collettivo di un’intera generazione, alla ricerca di ideali da incarnare, mostrandosi di volta in volta, calato nei suoi personaggi, sbandato e poi forte, simpatico e ottimista, poi schivo, introverso, contraddittorio come solo lui sapeva essere. Ha affascinato i grandi registi con la sua espressività e la grinta maturata nei vicoli della sua città, tra risse giovanili poi abbandonate per dedicarsi alla boxe, sfiorando il professionismo. Ha conosciuto la disciplina che Eduardo de Filippo impartiva ai suoi scritturandi, affinando la tecnica e lo stile, senza dimenticare però le sue radici nella sceneggiata napoletana. Ha poi avuto modo di confrontarsi per anni con la cultura orientale, in vista della collaborazione al fianco di Brook, per la quale, all’apice del successo, rinunciò a tutto il resto.
Tra le altre numerose interpretazioni a teatro, al cinema e nel piccolo schermo, alcune delle quali gli sono valse due Nastro d’Argento e la Coppa Volpi, vi sono poi Cafè Express di Nanni Loy, Tre fratelli di Rosi, Grido di pietra di Herzog , Ritorno ad Alphaville di Martone, Il caso Pisciotta di Visconti, Il giocattolo di Montaldo.
La figlia, Giovanna Mezzogiorno, ha intrapreso la carriera cinematografica, seguendo le orme del padre.