Le sue ceneri sono ancora lì, esposte al Maschio angioino, il suo ricordo è ancora vivo nei cuori di chi lo ha amato ed acclamato e la sua musica continua ad insinuarsi nelle intelaiature dei vicoli e della quotidianità della sua Napoli, mentre si sprecano proposte ed iniziative volte a conferire omaggio e lustro al suo nome: una piazza che porti il suo nome, – le più acclamate, a furor di popolo, piazza del Plebiscito a piazza Garibaldi – un teatro, una scuola di musica, un festival, un premio, un megaconcerto, un documentario, un disco tributo. La scomparsa di Pino Daniele ha scosso e non poco le coscienze, la serenità e il normale corso della vita e di tutte le cose, a Napoli.
Mentre il mondo della musica studia, valuta, propone, promuove ed organizza varie e svariate iniziative, la famiglia prova a fare i conti con l’assenza di un compagno, di un padre, di un fratello.
Fabiola Sciabbarrasi ha portato i tre figli, – Sara, 18 anni, Sofia 13, e Francesco, 9 – al Maschio Angioino.
«Soprattutto per Francesco ci tenevo molto, forse ho sbagliato nel volerlo proteggere non portandolo in piazza del Plebiscito dopo le emozioni del funerale romano. Vedere quanto Napoli ama suo padre poteva fargli bene», confessa, ancora sconvolta «dal dolore, ma anche dalle chiacchiere, dai pettegolezzi. La fama è qualcosa di terribile a volte, Pino me l’aveva insegnato in vita, ma me lo ribadisce anche da morto». Fabiola e i ragazzi sono rimasti soli, in silenzio, commossi, nel freddo serale della Cappella Palatina, accolti dal sindaco de Magistris, colpiti dalle frasi di «appartenenza», altra parola non si può usare, lasciate sul registro.
In serata, poi, davanti a una pizza l’incontro con Nello Daniele, fratello d’arte, anche lui sconvolto, senza voce, gli occhi ormai arrossati da giorni e il cuore cagionevole, proprio come quello di Pino, reduce da un’operazione di by-pass; l’altro fratello Carmine e sua figlia Loredana, cantante anche lei, ma all’esordio. «Pino si è nutrito per tanti anni dell’amore di Napoli, è giusto che le sue ceneri siano esposte al Maschio Angioino», spegne le polemiche Nello, anzi no, perché ancora non ha digerito chi ha definito «tutto questo come una sceneggiata, peccando a dir poco di ignoranza, nel peggiore dei casi di luogocomunismo se non di razzismo».
Ma come avrebbe reagito Pino, uomo dall’animo schivo e riservato, al cospetto degli onori tributati?
«Avrebbe sorriso prima di farsi una pizza e di mettersi in viaggio. La sua privacy è sempre stata importante, non si è mai messo in mostra, ma di fronte a tanto amore, ne sono sicuro, sarebbe stato felice», conclude il fratello, pronto nei prossimi giorni ad incontrare anche Alessandro, il figlio- personal manager dell’uomo in blues, e Ferdinando Salzano, che da sempre si è occupato dei suoi tour.
Si ipotizza la nascita di una Fondazione Pino Daniele: quello che non è riuscito a Bologna intorno a Lucio Dalla, potrebbe riuscire a Napoli intorno al mascalzone latino, mentre il Comune appare sempre di più proiettato verso il megaconcerto in Piazza del Plebiscito il 19 settembre, a 34 anni dallo storico concertone del 1981.