Stamani è avvenuto lo sgombero, materiale e concreto, di Palazzo Fienga: le 55 famiglie residenti nella roccaforte del clan Gionta, entro le 10 di questa mattina hanno abbandonato le loro case.
Le procedure di sgombero, iniziate ieri con le prime operazioni e proseguite durante la mattinata odierna, al cospetto di una massiccia presenza di forze dell’ordine hanno registrato momenti di forte tensione, quando gli agenti sono entrati in azione per applicare la doppia ordinanza di sfratto firmata da Dda di Napoli e Procura oplontina, alcune persone hanno urlato frasi ingiuriose nei confronti di chi sta eseguendo lo sgombero. Episodi analoghi si sono registrati anche ieri mattina e durante la notte, inoltre, si sono verificati ben tre episodi vandalici. Un gruppo di cittadini ha tentato di entrare nella Basilica della Madonna della Neve e a Palazzo Criscuolo, la sede del Municipio. Sono stati però bloccati dai carabinieri e dalla polizia. Poche ore dopo l’auto del consigliere comunale Raffaele Ricciardi, capogruppo del Pd, partito di maggioranza, è stata presa di mira: i vandali hanno rotto un finestrino e lo sportello del lato guidatore. Sul posto anche operai che stanno eliminando alcune cancellate di finestre realizzate abusivamente.
Palazzo Fienga è una carcassa di cemento adagiata nelle visceri di Torre Annunziata, poco distante dal mare, all’apice di un quadrilatero soprannominato “delle carceri”.
Mura fatiscenti e decrepite, quelle che delimitano il quartier generale della camorra: il regno del clan Gionta. La roccaforte dove, per anni, si sono pianificate faide, stragi, omicidi, vendette trasversali. Palazzo Fienga ha vissuto anni di egemone gloria, dimenticato dallo Stato, dalle istituzioni, dalla gente, dalla società civile.
Mura che raccontano una storia, topica e cruciale, della realtà che delimita l’hinterland vesuviano, pregna di sangue, polvere da sparo, malaffare e tutti gli altri caratteri distintivi che concorrono a disegnare i tratti somatici della Camorra.
La favola horror ambientata in quel truculento castello nasce da una tragedia: è il 21 gennaio 1946 quando un treno entra nella stazione ferroviaria che è all’interno del porto cittadino. Qualche ora dopo, il convoglio esplode misteriosamente. All’interno delle carrozze chiuse, c’è una vera e propria santabarbara. Tritolo, bombe d’aeroplano. Un attimo e tutta la cittadella di pescatori viene completamente rasa al suolo, mietendo 54 morti. Quell’esplosione Torre Annunziata se la porterà dietro per decenni.
Palazzo Fienga, il magnifico pastificio di don Annibale, sopravvive all’esplosione letale, ma la struttura esterna si trasforma in uno spettro. Le mura diventano una ferita aperta tra le macerie. Per anni si tenta un disperato rilancio, poi il terremoto dell’80 sancisce il tracollo definitivo. Crollano gli ultimi palazzi fatiscenti e la speranza di poterli recuperare. In piedi rimane solo l’ex pastificio. La gente comincia ad avere paura di quelle mura antiche, forti, incrollabili, invincibili. I vecchi proprietari scappano via.
Allora, a Palazzo Fienga fa ingresso un certo Valentino Gionta. L’edificio diventa il quartier generale del suo clan. Domina la zona della città che è più vicina al mare. Si impone come roccaforte, torre di guardia. Per il contrabbando prima, per il traffico di droga, dopo. Il quadrilatero delle carceri, i palazzi intorno lo avvolgono, lo proteggono, lo nascondono.
Oggi, Torre Annunziata è una città blindata in cui regna il caos, in quanto non esiste un piano a lungo termine per sistemare gli sfollati che per ora verranno collocati nei garage di via Tagliamonte e nella scuola elementare di via Isonzo. Ma i lavori non sono ancora stati ultimati e le stanze sono ancora sprovviste di luce e acqua.
Un boccone troppo amaro da mandar giù per quelle mura “invincibili”, perché inferto ad un “simbolo” del clan egemone sul territorio e che, pertanto, ferisce l’orgoglio del “sistema”.