“Se non avessi premuto quel grilletto sarei morto”.
Così parla l’autore della “strage di Roma”, quella avvenuta lo scorso 3 maggio prima della finale di Coppa Italia, tra Napoli e Fiorentina.
Così parla l’uomo accusato dell’omicidio di Ciro Esposito e del ferimento di altri due tifosi napoletani, in una lunga intervista esclusiva rilasciata al settimanale Panorama, in edicola da domani, mercoledì 14 gennaio.
Così parla un uomo che continua a propinare l’alibi della legittima difesa, seppur ampiamente scardinato dalle ricostruzioni balistiche, dalle testimonianze delle persone presenti sul luogo degli scontri e soprattutto dal fatto che “Gastone” quel giorno era l’unico ad avere una pistola tra le mani. Così parla uno dei più convinti esponenti dell’estrema destra: fascismo, nazifascismo, antisemitismo, chiamatelo come vi pare, la sostanza non cambia, “Gastone” era uno di quelli che crede più nell’ideologia intrisa nelle svastiche che in Dio.
Quello stesso De Santis che figura come personaggio-chiave imbrigliato fino al collo nelle vicende di “Mafia-capitale” e che, probabilmente, anche stavolta, come è più volte accaduto in passato, conta di uscirne immacolato, grazie all’aiuto dei “potenti amici”.
Inoltre, De Santis aggiunge: “L’unica cosa che non avrei dovuto fare è stata raccogliere un fumogeno e rilanciarlo verso un pullman parcheggiato sul controviale che chiudeva completamente l’accesso. Improvvisamente sono spuntate almeno 30 persone. Se fosse andata come sostiene chi mi accusa, avrei dovuto sparare al primo che mi capitava, no?” L’ex ultrà romanista riferisce di essere fuggito e raggiunto da quelle persone; di avere preso “le prime bastonate e coltellate” e, mentre tentava di chiudere il cancello di accesso all’area dove abitava, “una gamba è rimasta sotto e si è staccata quasi completamente dal corpo. Ho arrancato per qualche metro e li ho avuti ancora addosso. Ero convinto di vivere gli ultimi momenti della vita. Se non avessi premuto quel grilletto sarei morto”.
“Penso sempre a quel giorno – prosegue – e questa è e rimane una tragedia per tutti. Per la famiglia di Ciro e anche per la mia. A volte mi domando: se per salvarmi la vita, oltre alle sofferenze fisiche, devo veder soffrire tanto, non era meglio che mi avessero ammazzato?”
No, “signor” de Santis, si sbaglia di grosso: quel giorno non doveva morire nessuno.
Quel giorno doveva solo serenamente svolgersi un incontro sportivo.
E questo è quanto sarebbe accaduto se lei non avesse fatto irruzione lungo quella strada, come il provvedimento restrittivo che pendeva sul suo capo le imponeva, per giunta armato di pistola ed animato da un viscerale e cruento desiderio di vendetta, così come antecedentemente preannunciato da lei e dai suoi “compagni di setta” su quei forum dei quali eravate assidui frequentatori e che, come per magia, si sono dissolti nel nulla, negli attimi immediatamente successivi all’escalation raggiunta dalla sua follia omicida.
“Ci scapperà il morto”.
Questa “la profezia” che aleggiava sul web e nel cielo di Roma e che tragicamente si è avverata.
Se vuole debellare effettivamente il suo senso di colpa, tiri fuori il coraggio necessario per dare voce alla verità ed esterni le reali motivazioni alla base dell’agguato pianificato e portato a termine, da lei ed almeno altri quattro complici ai danni dei tifosi del Napoli.
Ora più che mai, al cospetto di ricostruzioni vaghe, poco attendibili e che oltraggiano la memoria di un tifoso come tanti che quel giorno è andato a Roma solo per assistere ad una partita di calcio, Napoli, i napoletani e quell’Italia che non inneggia al Vesuvio, ma che fortemente vuole credere che in questo Paese esista ancora un senso di giustizia e la capacità da parte della legge di conferirgli tangibile espressione, devono fondersi in un unico, forte, sentito ed inamovibile intento: “Verità e giustizia per Ciro Esposito.”